Ancona-Osimo

Coronavirus, anziani falciati dall’epidemia: è emergenza nell’emergenza

Sono loro i più colpiti dal Covid-19, la generazione che più di tutte sta pagando un tributo alto in termini di vite. Abbiamo fatto il punto con il direttore scientifico dell'Inrca di Ancona, Fabrizia Lattanzio. Ecco cosa è emerso

ANCONA – Chiusi in casa, assediati dalla paura del contagio e della morte. Sono gli anziani al tempo del Coronavirus, la generazione più colpita dall’epidemia che ha stravolto il loro mondo, costringendoli a passare da protagonisti attivi della società, a doversi blindare in casa, costretti all’isolamento. Una generazione che sta pagando più di tutte un tributo anche e soprattutto in termini di decessi.

Emblematici i focolai nelle case di riposo, un dramma nel dramma che ha condotto alla morte moltissimi ospiti anche strutture della nostra Regione. I decessi, secondo una prima stima toccano quasi la cinquantina, fra quelli avvenuti ad Ancona, Falconara, Cingoli, Recanati, Mergo e San Marcello. Una triste istantanea che rispecchia una sorta di falciata generazionale compiuta da questo tremendo virus che nelle Marche ha già ucciso 764 persone, con una età media di 79,7 anni.

I dati dell’Istituto Superiore di Sanità parlano chiaro e mostrano che oltre l’80% dei decessi ha riguardato soggetti ultrasettantenni che nel 75% dei casi presentavano almeno due comorbilità, fra le quali spiccano per frequenza «ipertensione arteriosa, diabete, malattie cardiovascolari ed insufficienza renale cronica – spiega Fabrizia Lattanzio, direttore scientifico dell’Inrca -. Si tratta nella maggior parte dei casi di soggetti esposti a trattamenti polifarmacoterapici a lungo termine. Probabilmente però – prosegue -, solo la comorbilità non spiega interamente il fenomeno a cui stiamo assistendo: i pazienti anziani presentano spesso una condizione di fragilità intesa come un aumentato rischio di complicanze in risposta ad un evento stressante».

Fra i numerosi anziani che hanno contratto il Coronavirus, non ci sono solo vittime, ma alcuni guariti, per i quali la gestione nella fase post acuta della malattia è complessa. «Nel setting riabilitativo lo scenario è in continua evoluzione – osserva la Lattanzio -. Certamente la malattia produce un deficit funzionale che deve essere affrontato con dei follow-up (controlli) a lungo termine. In tal senso non va sottovalutato l’impegno nella riabilitazione sia respiratoria sia fisica, che, quindi, potrebbero richiedere una riorganizzazione non soltanto a livello ospedaliero ma anche a livello territoriale. Pensiamo alla difficoltà di erogare prestazioni domiciliari dovute alle restrizioni in atto». Insomma lo scenario non si prospetta affatto semplice.

Per questo l’Inrca sta lavorando su una serie di progetti come anticipa la direttrice scientifica: «Stiamo cercando di comprendere l’impatto della fragilità, della multimorbilità, della polifarmacoterapia e della disabilità fisica e cognitiva nella gestione dei pazienti affetti da Covid. Attraverso la disponibilità di una biobanca stiamo raccogliendo dei campioni per studiare le caratteristiche biologiche, quali ad esempio il profilo infiammatorio, il pattern sierologico ed altri biomarcatori molecolari che possano aiutarci a capire come curare e gestire al meglio i nostri anziani».

L’auspicio dell’Istituto è quello di produrre dati utili a fornire indicazioni «su come affrontare i problemi nell’immediato e nel prossimo futuro». È già stato predisposto per questi studi un protocollo approvato dal Comitato Etico dell’Inrca, utilizzato anche al Policlinico Gemelli e al Policlinico Umberto I di Roma ed è in corso di coordinamento l’attività di altri 7 Istituti della Rete IRCCS per l’invecchiamento per la ricerca sul Covid-19 nell’ambito delle iniziative promosse dal Ministero della Salute. Insomma una rete fra gli istituti dedicati agli anziani per fronteggiare l’impatto di questa terribile emergenza sanitaria.

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