Ancona-Osimo

Cnr-Irbim e Univpm nel primo Centro Nazionale di Biodiversità. Il professor Regoli: «Patrimonio da cui dipende la sopravvivenza del pianeta»

Obiettivo del progetto, monitorare, conservare, ripristinare e valorizzare la biodiversità negli ecosistemi marini, terrestri e urbani del Paese. L'Università Politecnica delle Marche è coinvolta con 5 Dipartimenti

ANCONA – I ricercatori e gli scienziati dell’Università Politecnica delle Marche e del Cnr-Irbim di Ancona saranno fra i 2mila studiosi coinvolti nel primo Centro Nazionale di Biodiversità finanziato dal Pnrr con uno stanziamento di circa 320 milioni di euro per i prossimi 3 anni. Il Centro, presentato ieri 22 maggio presso la tenuta Presidenziale di Castelporziano, coinvolge 48 tra enti di ricerca, università e imprese coordinate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR): attraverso interventi specifici il Centro punta a monitorare, conservare, ripristinare e valorizzare la biodiversità negli ecosistemi marini, terrestri e urbani del Paese.

La biodiversità svolge un ruolo cruciale nel funzionamento del Pianeta e fornisce beni e servizi indispensabili per la sopravvivenza e il benessere dell’uomo. In Mediterraneo è concentrata la più grande diversità biologica di tutta Europa, con almeno 60mila specie animali, 10mila piante vascolari ed oltre 130 ecosistemi, ricorda il professor Francesco Regoli direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, ma nel Paese il 45% delle specie animali e quasi il 55% delle specie vegetali sono a rischio di estinzione, così come il 30% circa degli habitat. «È necessario intervenire urgentemente con solide conoscenze scientifiche e tecnologiche per rispondere agli obiettivi europei di ridurre del 30% la perdita di biodiversità e a recuperare per almeno il 15% gli equilibri ecosistemici entro il 2030» dice il docente.

Il professor Francesco Regoli

«Dal 2022, proteggere la biodiversità è un diritto e un dovere sancito dalla Costituzione Italiana – spiega – : obiettivo del Centro è anche quello di formare una nuova classe di ricercatori con competenze multidisciplinari per lo studio e la conservazione della biodiversità, aumentando al contempo la consapevolezza e la responsabilità di tutti sull’importanza di questo patrimonio da cui dipende la sopravvivenza delle generazioni future». L’Università Politecnica delle Marche è coinvolta con il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, il Dipartimento di Management, il Dipartimento di Scienze e Ingegneria della Materia, dell’Ambiente ed Urbanistica e il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione.

Il centro si articola in hub e 8 spoke tematici dedicati allo studio del mare, delle terre emerse e aree umide, delle città, a progetti di comunicazione e formazione, e allo sviluppo di innovazioni e trasferimenti tecnologici. Lo spoke 2 sarà coordinato da Gian Marco Luna, Direttore del CNR-IRBIM di Ancona, e dalla Prof.ssa Mariachiara Chiantore, Università di Genova. A questo spoke, che ha come obiettivo quello di invertire la perdita della biodiversità marina attraverso soluzioni innovative, partecipano anche i quattro dipartimenti dell’Università Politecnica delle Marche.

Tra le attività coordinate dall’Università Politecnica delle Marche, fa sapere il professor Regoli, «ci occuperemo di caratterizzare per la prima volta la presenza in Mediterraneo di nuovi contaminanti emergenti, come farmaci, additivi per le plastiche, pesticidi di ultima generazione, e comprendere come questi possono minacciare la biodiversità, proponendo al tempo stesso innovazioni per la loro rapida rilevazione e soluzioni per ridurne l’impatto. Un’altra azione che ci vede coinvolti sarà quella di testare e mettere in atto nuove metodologie per ripristinare la biodiversità negli ambienti marini degradati e di mapparla attraverso moderne tecnologie genomiche».

«La realizzazione di queste attività – conclude – sarà affiancata anche dallo studio dei benefici economici e sociali, mettendo in luce come queste azioni di tutela della biodiversità e la visione ‘zero pollution’ possano rappresentare occasioni di sviluppo economico, di nuovi modelli di business e di sviluppo sostenibile».

© riproduzione riservata