Ancona-Osimo

Case di riposo covid free riaprono a visite ma servono ristori. Vichi: «Degli 11milioni di fabbisogno, rimborsati solo 4»

Il referente del comitato degli enti gestori delle strutture per anziani senza scopo di lucro delle Marche mette sul tavolo le criticità lasciate dalla pandemia. Ecco le richieste rivolte alla Regione

Mario Vichi
Mario Vichi

ANCONA – Ha riaperto alle visite dei familiari la casa di riposo Opera Pia Ceci di Camerano dove il covid-19 era riuscito a fare il suo ingresso tra la seconda e la terza ondata della pandemia. Nella struttura il 5 febbraio scorso si era  sviluppato un focolaio che aveva coinvolto il personale e gli ospiti. Su 100 ospiti presenti nella casa di riposo, 93 erano rimasti contagiati dal virus e in 36 sono deceduti.

La casa di riposo era tornata covid-free a metà aprile e dopo tre mesi di chiusura ha finalmente riaperto le sue porte alle visite, anche se per ora queste non consentono ancora il contatto fisico, tuttavia è un primo passo fondamentale per gli anziani presenti nella struttura, i quali dopo mesi di isolamento dai loro familiari sono finalmente potuti tornare a godere della presenza dei loro cari.

Visto il miglioramento della situazione sono riprese anche le attività di gruppo e le terapie che accompagnavano le giornate degli anziani e che erano state sospese nel periodo più duro, per tentare di circoscrivere il focolaio.
«È stato un bruttissimo periodo – afferma il sindaco di Camerano, Annalisa Del Bello – un periodo molto triste che ha segnato una perdita immane in termini di vite. Adesso si ricomincia a vivere e stanno entrando nuovi ospiti: la speranza è quella di tornare a una vita quasi normale».

Il sindaco sottolinea che il covid, oltre a lasciare una scia di morte dietro di sé, ha creato difficoltà economiche alle strutture per anziani, a causa dei «maggiori costi e delle minori entrate». Per questo le strutture presenti sul territorio marchigiano hanno chiesto alla Regione di intervenire con ristori economici. Con la riduzione importante nel numero degli ospiti che attualmente, inclusi i 6 nuovi ingressi, sono scesi a 66, la fondazione ha dovuto ridurre le ore svolte dal personale della cooperativa che ha in affidamento alcuni servizi, come ci spiega il presidente Massimo Piergiacomi.

«Per far fronte al periodo acuto della pandemia, nei primi 70 giorni del 2021 abbiamo perso circa 150mila euro, tra maggiori spese e minori entrate – spiega Piergiacomi – , mentre con la riduzione degli ospiti presenti all’interno della struttura, perdiamo una media di circa 30mila euro al mese».

Una situazione che accomuna anche le altre 160 case di riposo delle Marche, che hanno scritto più volte alla Regione per sollecitare un incontro con l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini e il governatore Francesco Acquaroli così da affrontare la questione. Incontro che è stato fissato per il 13 maggio.

Mario Vichi
Mario Vichi

«I problemi che stiamo avendo sono gravi (mancanza di infermieri, perdite economiche gravi per ristori non concessi, posti vuoti non compensati economicamente, tariffe ferme, ecc,) e non c’è segno di risposta – lamenta Mario Vichi referente del comitato degli enti gestori delle strutture per anziani senza scopo di lucro delle Marche – . Noi Enti gestori abbiamo scritto al presidente, visto che l’assessore Saltamartini non rispondeva». 

Vichi spiega che sul tavolo del confronto con la Regione porranno tre temi: quello dei ristori, la carenza di infermieri e la necessità di sostenere il sociale. Il Comitato oltre a includere le case di riposo, tutela anche gli interessi delle strutture sociali dedicate a minori, disabili e alle persone affette da dipendenze. «Degli 11milioni di fabbisogno delle strutture marchigiane la Regione ha rimborsato solo 4milioni – evidenzia – , mentre il settore sociale non è stato minimamente ristorato. Molte strutture sono in sofferenza e rischiano la chiusura». Insomma mancano all’appello 7milioni di ristori.

A tal proposito cita la situazione della fondazione Città di Senigallia che ha messo in cassa integrazione 20 dipendenti, la struttura di Corinaldo «ha rischiato la chiusura e ora è sospesa perché non hanno gli infermieri. L’Asur, al di là delle dichiarazioni della Regione, dice che gli infermieri non ci sono e le conseguenze sono le emergenze che nascono qua e là e che bisogna risolvere».

Ti potrebbero interessare