Ancona-Osimo

L’Ancona inciampa sul calciomercato, una vera beffa per tutta la tifoseria

Non arriva l'attaccante Alex Rolfini, ma neanche Mattia Finotto, finito alla Carrarese: il diesse Micciola smentisce con i fatti patron Tiong

Davide Mondonico, il miglior acquisto di gennaio dell'Ancona, foto Us Ancona

ANCONA – Il calciomercato dell’Ancona a gennaio s’è rivelato una farsa. La pantomima biancorossa di ieri 1 febbraio all’hotel Sheraton di Milano è qualcosa che resterà negli annali del calcio dorico, un flop vergognoso, senza scusanti, che apre pessime prospettive davanti alla tifoseria e alla città: pura incapacità o indisponibilità economica? Per capire meglio serve fare un passo indietro: in questo calciomercato di riparazione l’Ancona ha ceduto Dutu, Kristoffersen, Gavioli, Mattioli, Peli e Nador, sei giocatori, e se n’è assicurati cinque: Mondonico, Prezioso, Moretti, Giampaolo e Vogiatzis. Il valore di mercato dei cinque in entrata, fonte Transfermarkt, è leggermente superiore ai sei in uscita, soprattutto grazie a Mondonico e Prezioso, ma, recita Transfermarkt, ci sarebbe una plusvalenza relativa a Kristoffersen di 60mila euro per la società dorica, inutilizzata in tutte le altre operazioni in entrata, visto che Mondonico, Moretti e Giampaolo sono arrivati a titolo gratuito e Prezioso e Vogiatzis sono in prestito.

Ma quel che è grave e clamoroso è che pochi giorni fa il presidente Tony Tiong aveva promesso in conferenza stampa l’acquisto di due giocatori di spessore, «un centrocampista e un attaccante» come aveva specificato, e dei due è arrivato soltanto il greco Vogiatzis, comprimario a Giugliano e destinato solo ad allungare la panchina. Altro che giocatore di spessore, insomma. E solo lui, per di più. Questo perché la lunga ed estenuante trattativa per riportare sotto al Guasco Alex Rolfini – buon attaccante che due anni fa in maglia dorica aveva segnato 19 reti – è andata in fumo proprio ieri: trovare l’accordo da tempo con il giocatore e trovare anche quello economico con il Vicenza, infatti, non è bastato al diesse Micciola, perché il Vicenza alla fine se l’è tenuto, non avendo trovato sul mercato una valida alternativa al puntero di Portomaggiore. Il diesse Micciola, a quel punto, ha effettuato una rapida virata verso un attaccante della Triestina, ex Spal con un lungo passato di serie B, Mattia Finotto, che all’ultimo momento, quando tutto era già stato stabilito e mancava solo la firma, ha ricevuto la chiamata dalla Carrarese che gli ha fatto cambiare idea ed è finito in Toscana, dove, evidentemente, ha trovato un’offerta più allettante o un contratto più lungo, o entrambe le cose. Niente Rolfini, atteso per settimane – il giocatore era pronto da tempo a tornare nel capoluogo – e niente Finotto: se il piano B in alternativa al primo era vago, il piano C non c’era proprio, tra l’altro nel frattempo tutti gli attaccanti che sono stati proposti all’Ancona nelle ultime settimane avevano già trovato posto in altre squadre.

Così sul gong del calciomercato, quello delle ore 20 di ieri, l’Ancona è rimasta con il cerino in mano. A dirsi e ripetersi, come un mantra automotivante, che questa squadra in fondo va bene così e che remando tutti dalla stessa parte, con il lavoro e con l’impegno, si raggiungerà comunque la salvezza. Parole, o pensieri, che contrastano con i fatti: l’Ancona in questo mercato invernale non solo è incappata nel flop più vergognoso di tutta la stagione, ma non s’è rinforzata, ha in lista un giocatore in meno di dicembre – il ritorno di D’Eramo si bilancia con l’uscita dell’infortunato Macchioni – e la figura ridicola di ieri al calciomercato suona come una presa in giro per le migliaia di tifosi biancorossi che ogni settimana incitano la squadra dagli spalti dello stadio Del Conero come da quelli del resto d’Italia. Le dimissioni del diesse Micciola, a questo punto, sarebbero una cosa buona e giusta, ma non servirebbero a portare in biancorosso un attaccante in grado di cambiare le sorti di una stagione cominciata male e che oggi, dopo la chiusura del calciomercato invernale, non solo appare ancora più in salita ma ha anche un sapore estremamente amaro. Quello della beffa. In gioco c’è la credibilità di tutto il progetto a lungo termine ma qualcuno in via Schiavoni, o a Tokyo, forse non l’ha capito bene.

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