Ancona-Osimo

Cinque gli incidenti di caccia nelle Marche da settembre. Lac: «Ma la maggior parte non viene denunciata»

Un trend in crescita negli ultimi anni come dimostra il bilancio della passata stagione che si è chiuso con 30 morti e 84 feriti in Italia. Luci e ombre dell'attività venatoria nelle parole del delegato regionale della Lega Abolizione Caccia, Danilo Baldini

ANCONA – Dall’apertura della stagione venatoria avvenuta il 1 settembre scorso, sono stati almeno 5 gli incidenti di caccia segnalati nelle Marche che hanno coinvolto delle persone, il più grave dei quali è quello accaduto al bambino osimano domenica 29 ottobre. Un numero che è solo la punta di un iceberg dal momento che la maggior parte delle volte questi episodi non vengono denunciati, come evidenzia il delegato regionale Lac (Lega Abolizione Caccia) Danilo Baldini. Un trend in crescita negli ultimi anni, non solo a livello regionale, ma anche nazionale, come dimostra il bilancio della passata stagione venatoria che si è chiusa con 30 morti ed 84 feriti. E la stagione da poco iniziata, vista la cadenza quasi giornaliera degli incidenti, si preannuncia addirittura peggiore di quella dell’anno scorso.

Nel caso specifico del bambino colpito dal proiettile Baldini condanna quella che è una prassi comune tra i cacciatori di portarsi i figli al seguito per avviarli alla pratica venatoria: «per legge devono essere maggiorenni, mentre il ragazzino osimano ha solo 10 anni – spiega il delegato Lac Baldini – una situazione che non riguarda solo le famiglie di cacciatori, infatti, è accaduto che alcune scuole in Provincia di Fermo, d’accordo con le associazioni venatorie, abbiano portato i bambini ad assistere alla cattura delle lepri, quegli stessi animali che saranno poi abbattuti con la caccia. Per noi questo è molto diseducativo e andrebbe evitato».

Altre note dolenti evidenziate da Baldini il mancato rispetto delle distanze di sicurezza, la stagione venatoria anticipata al primo settembre, in un periodo nel quale molte persone possono ancora fruire della campagna e dei boschi, e il «Piano faunistico venatoro regionale scaduto nel 2015», per il quale il Consiglio di Stato ha recentemente accolto il ricorso di LAC e WWF contro il calendario venatorio. Sono queste le motivazioni per le quali la Lac Marche (Lega Abolizione caccia) ha invocato le dimissioni dell’assessore regionale alla caccia Moreno Pieroni.

Cacciatore

Tra le pratiche venatorie più pericolose e invasive, la caccia al cinghiale, che prevede l’uso di fucili a pallettoni e di carabine con gettata di 3-4 chilometri. «Occorre una regolamentazione molto ferrea della caccia – sottolinea Danilo Baldini – anche se il nostro obiettivo è quello di fare un referendum nazionale per l’abolizione di questa attività. È intollerabile che un passatempo praticato da una minoranza di persone tenga in scacco tutti gli altri cittadini che in questo periodo non possono godersi campagna e montagna a causa della stagione venatoria. Un altro “privilegio” intollerabile, di cui possono godere solo i cacciatori italiani, è quello di poter entrare armati nelle proprietà private anche senza il consenso dei proprietari, in base all’art. 842 del codice civile, introdotto nel 1942 dal regime fascista. La figura del cacciatore quindi è ancora troppo tutelata dalla legge a discapito delle altre categorie, per cui sarebbe necessario limitare la caccia alle sole riserve, come accade ad esempio nella vicina Germania. Ma per fare questo occorre una levata di scudi da parte di tutti i cittadini contrari alla caccia, che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione». Tra i consigli utili della Lac per evitare di incorrere in incidenti durante le passeggiate nei boschi o in campagna, in prossimità delle aree di caccia, è quello di vestirsi con colori sgargianti per rendersi più visibili, «ma questo sarebbe poi da ostacolo nei confronti di quei cittadini, sempre più numerosi, che si recano nei boschi, non per uccidere gli animali, ma per osservarli e fotografarli nel loro habitat naturale», conclude il delegato Lac.

Sandro Bisonni, consigliere regionale

Intanto la politica non resta a guardare e oggi 31 ottobre il consigliere regionale Sandro Bisonni depositerà all’Assemblea Legislativa delle Marche una serie di emendamenti per limitare la caccia, che saranno discussi nell’ordine del giorno della seduta consiliare della prossima settimana. Dopo la mozione respinta dal Consiglio Regionale lo scorso 4 ottobre nella quale Bisonni chiedeva di abolire la caccia nei giorni festivi e prefestivi, il consigliere regionale torna alla carica sull’argomento chiedendo maggiori tutele per la sicurezza e l’incolumità delle persone.

Già lo scorso anno Bisonni aveva presentato un atto nel quale chiedeva l’aumento delle distanze di sicurezza da cento a trecento metri e l’utilizzo di fucili da caccia con canna ad anima liscia soltanto da trecento metri, contro i centocinquanta previsti dalla vecchia normativa. «Non una legge contro la caccia – precisa Bisonni – ma una misura per tutelare le persone dal momento che la legge attuale non le tutela in maniera adeguata. Occorre passare a misure di prevenzione superiori, perché è assurdo che ci siano ancora incidenti di caccia a discapito di persone che con la caccia non c’entrano nulla, come ad esempio il bambino di Osimo. Un’episodio clamoroso, quello accaduto al bambino osimano, però ogni anno si verificato moltissimi incidenti di caccia in Italia».

Più recentemente il consigliere regionale aveva presentato una proposta di legge per chiedere di «ridurre dal 10% al 5% i terreni che possono coattivamente essere adibiti a riserva di caccia contro la volontà dei proprietari. Una situazione paradossale quella che si verifica in Italia – precisa Bisonni – dal momento che un cacciatore è autorizzato anche contro la volontà del proprietario del terreno ad entrarvi, mentre se lo fa una persona normale può essere denunciata. Una misura che puntava a rendere difficoltosa la realizzazione di riserve di caccia contro la volontà dei proprietari».

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