Ancona-Osimo

Bambini con disabilità al tempo del Coronavirus: la solitudine dei numeri zero

Il direttore dei servizi educativi della Lega del Filo d'Oro, Coppa: «Situazioni di estrema difficoltà». Costretti a restare a casa faticano a seguire la didattica a distanza e rischiano di perdere quelle competenze acquisite con mesi o anni di lavoro

ANCONA – Vulnerabili e in difficoltà, sono soprattutto loro, i bambini con disabilità, a pagare il prezzo più alto dalla chiusura delle scuole imposta per limitare la diffusione dell’epidemia di Coronavirus. Bambini con Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento), Bes (bisogni educativi speciali) o con altre disabilità, che dalla sera alla mattina si sono ritrovati “intrappolati” nelle loro abitazioni, con la quotidianità stravolta e faticando il doppio per seguire la didattica a distanza che la scuola sta tentando faticosamente di mettere in piedi.

La loro è “la solitudine dei numeri zero”, di quelli che rischiano di piombare dritti nell’abisso dei dimenticati e degli isolati. «In questo periodo, dove tutti siamo chiamati a restare a casa, una delle situazioni più critiche e di grande vulnerabilità psichica e sociale, è quella dei bambini, ragazzi e adulti con disabilità, ma più in generale in situazioni di bisogni educativi speciali», spiega il dottor Mauro Mario Coppa, direttore dei servizi educativi della Lega del Filo d’Oro di Osimo e direttore scientifico dell’associazione “La Strada di Erm” di Ancona che segue bambini con disabiltà.

«Costretti a rimanere a casa – prosegue -, e spesso senza avere gli strumenti cognitivi per capirne la motivazione, creano situazioni di estrema difficoltà nella gestione di un tempo così lungo da parte delle famiglie». A rischio è soprattutto la vulnerabilità psichica dei bambini e ragazzi con disabilità complesse per «l’isolamento obbligato e non comprensibile, ai perentori cambiamenti dei luoghi di vita, dei modi di vivere, fino al completo stravolgimento dei ritmi di vita, ed all’interruzione delle routines giornaliere – osserva -. In questo stato di forte disagio, possono esprimere sintomatologie di tipo depressivo, ansiogeno, irritabilità e rabbia, disorientamento. Inoltre, bambini con difficoltà scolastiche e disturbi specifici di apprendimento, seguiti con percorsi di empowerment cognitivo durante l’anno, possono gradualmente perdere molte competenze, faticosamente acquisite in mesi, spesso anni di lavoro».

Insomma una situazione molto complessa che va ad impattare sui bambini e le loro famiglie che finiscono per sentirsi soli e abbandonati da un sistema che dovrebbe supportarli, ma che sembra non funzionare proprio in questo momento di emergenza.

«Mio figlio era seguito da un centro due volte a settimana per un ritardo dello sviluppo – spiega Daniela, mamma 39enne di Ancona di un bambino di 7 anni -, ma poi con il blocco degli spostamenti le sedute di terapia sono state interrotte. Ora chiusi in casa facciamo fatica a fare i compiti, lui è svogliato e nervoso, e nonostante mi impegno al massimo per seguirlo, temo che con questo lungo periodo di sospensione delle sedute alla fine possa perdere quei piccoli grandi progressi ottenuti con grande fatica. Ci sentiamo abbandonati».

Come contrastare il rischio di isolamento?
«Possono essere attivate forme diverse di aiuto: i social e tecnologie come WhatsApp possono costituire e mantenere forme di supporto sociale. Importante aiutare la persona ad esprimere i suoi sentimenti, come tristezza e ansia, in forme adeguate, ma anche mantenere le routines famigliari nella vita quotidiana, ed anticiparle con i sistemi comunicativi più congeniali per la persona».

Il dottor Coppa consiglia di «programmare piccole uscite intorno casa, e se motivante, anche piccole uscite in auto, a puro scopo terapeutico-ricreativo, per prevenire crisi comportamentali, e ridurre lo stato di ansia».

Fondamentale poi la teledidattica con collegamenti in rete giornalieri da parte dei docenti ed educatori per proporre attività, ascolto e scambi relazionali. «Per fornire un piccolo aiuto alle famiglie – sottolinea lo psicoterapeuta – gli educatori-insegnanti potrebbero programmare videochiamate giornaliere, oppure realizzare “videotutorial didattici” per le famiglie».

L’obiettivo è quello di «fornire semplici indicazioni pratiche ai famigliari su come possono offrire occasioni di trascorrere il lungo tempo a casa con quanto è a disposizione comunemente in un ambiente casalingo, in termini di spazi (cucina, soggiorno, stanzetta personale, corridoio, terrazza, balcone, giardino ecc.) e in termini di materiali (stoviglie, alimenti da manipolare, elettrodomestici come lavastoviglie, lavatrice, tostapane, tv, computer , tablet radio ecc.)».

Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva spiega che l’associazione “La Strada di Erm” di Ancona, per aiutare le famiglie ha messo a punto un piano di supporto pedagogico tramite videolezioni didattiche su Skype. Inoltre sta predisponendo dei webinar per genitori, educatori e docenti su diversi temi come ad esempio “Mamma, ma il virus fa morire?” per alleviare le ansie e rassicurare i bambini; “A casa con tanti compiti! ” per motivare i bambini e aiutare i genitori; “Star bene in famiglia ai tempi del virus”, una sorta di piccolo manuale di sopravvivenza per i genitori; “Stare a casa e passare il tempo divertendosi” con consigli per genitori e educatori di bambini e ragazzi con Bes.

In questa fase di isolamento i compagni di scuola possono giocare un ruolo fondamentale, mantenendo un contatto con questi bambini anche con semplici chiamate o videochiamate settimanali. Un modo per non far sentire emarginato chi già si sente diverso dagli altri per la maggior parte del suo tempo.

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