Ancona-Osimo

Prescrizione, tempi giustizia e carenza di personale: gli avvocati protestano

I legali della Camera penale e quelli dell'ordine di Ancona hanno manifestato a Palazzo di Giustizia in occasione della cerimonia di apertura dell'anno giudiziario. Dopo l'intervento di Miranda hanno abbandonato l'Aula del Tribunale

Maurizio Miranda
Gli avvocati protestano a Palazzo Giustizia. Al centro il presidente Maurizio Miranda

ANCONA – «I tempi della giustizia sono inaccettabili». Gli avvocati penalisti e l’Ordine di Ancona protestano in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario che si è svolta questa mattina (1 febbraio) al Palazzo di giustizia di Ancona. I legali della Camera penale si sono ritrovati davanti al Tribunale in più di una cinquantina per chiedere che «la giustizia torni ad essere celebrata con tempi e con modalità rispettose dei diritti dei cittadini». Avvocati sul piede di guerra non solo ad Ancona, ma anche in altre città italiane, fra le quali Milano, Trieste, Napoli, Messina e Catania. Una agitazione che va avanti da alcuni mesi in seguito alla sospensione della prescrizione e che li aveva spinti allo sciopero nel mese di dicembre scorso.

Domenico Liso
Domenico Liso

«È possibile tranquillamente celebrare se non il decesso quantomeno uno stato gravemente comatoso» ha dichiarato l’avvocato Domenico Liso durante il sit-in. Due i fronti della protesta che vedono oltre alle criticità legate ai tempi della giustizia, anche la carenza di organico. Negli uffici della procura di Ancona mancano «venti unità di personale amministrativo, ovvero due terzi delle risorse umane» ha spiegato Liso, mentre ancora più critica è la situazione nel tribunale di sorveglianza dove ad essere vacante è addirittura la metà dell’organico. «In queste condizioni non si fa giustizia» lamentano i legali. Liso ha spiegato che arrivare a sentenza dopo  20-30 anni dalla consumazione dei fatti vuol dire «celebrare un rito stanco, vuoto, con le caratteristiche inaccettabili della vendetta».

La protesta degli avvocati
La protesta degli avvocati penalisti davanti al Palazzo di Giustizia di Ancona

A guidare la protesta all’interno del Palazzo di Giustizia è stato Maurizio Miranda, presidente dell’ordine degli avvocati di Ancona che ha spiegato le ragioni che «ostacolano non solo la nostra attività professionale ma anche il cammino stesso della giustizia».

I legali, riferendosi alla loro contrarietà alla sospensione della prescrizione,  hanno lamentato per voce di Miranda di essere trascinati «in un agone politico che nulla ha a che vedere con i principi di diritto». Un «attacco all’avvocatura» che spiega il presidente dell’ordine «non può passare sotto silenzio». «Abbiamo partecipato alla maratona oratoria organizzata dall’Unione Camere Penali al cospetto della Corte di Cassazione – ha dichiarato Miranda – , evidenziando in maniera scevra da qualsiasi appartenenza politica le troppe distorsioni che la riforma comporta, così come abbiamo detto basta a riforme disorganiche e spezzettate che non portano alcun beneficio ai cittadini, siano essi imputati o persone offese, e che rappresentano una vera e propria compressione di ogni garanzia costituzionale».

Parlando delle criticità legate alla carenza di personale «in Uffici di importanza fondamentale per il funzionamento dell’intera macchina giudiziaria», Miranda ha spiegato che «non è più tollerabile che ci siano vacanze ormai croniche nella dotazione del personale amministrativo degli Uffici». Inoltre ha definito come non più tollerabile il fatto «che le cancellerie civili continuino a registrare una continua riduzione del personale che costringe ad accorpare più funzioni presso un unico ufficio e sulle spalle di una persona sola. Non è più tollerabile che le carenze di organico costringano ad aperture degli sportelli a piccoli sprazzi di orari che rendono impossibile l’accesso agli atti e le consultazioni dei fascicoli, e ciò anche per quanto riguarda uffici di rilievo regionale cui accedono colleghi provenienti anche dagli altri Fori».

«Ci aspettiamo anche un grande cambiamento – ha concluso – ormai necessario se si vuole continuare a mantenere aperto un dialogo la cui chiusura non potrà che essere un grave danno proprio per quegli interessi superiori e comuni che tutti serviamo».

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