Ancona-Osimo

Aborto: «Su 194 indietro non si torna, battaglia di civiltà», i movimenti per i diritti scendono in piazza

Sabato 6 febbraio alle 16,30 in Piazza Roma ad Ancona, mobilitazione per chiedere alla giunta Acquaroli la distribuzione della pillola abortiva nei consultori

ANCONA – La legge 194 e il delicato tema dell’aborto, tornano sotto i riflettori nelle Marche. Sabato pomeriggio, 6 febbraio, in Piazza Roma ad Ancona, si torna a manifestare.

A chiamare la piazza molti partiti e associazioni: Altra Idea di città, Strada Comune, Dipende da noi, Rifondazione Marche, Acu Gulliver sinistra universitaria, Pcl Ancona, Marche possibile, Anpi Ancona, Officina Universitaria Macerata, Potere al Popolo Ancona, Pci Marche, Anpi Ancona, Pcl Macerata.

«Facciamo appello – dicono nel manifesto “194 indietro non si torna” – a tutte le soggettività che difendono le conquiste democratiche, alle donne, prima di tutto, ai lavoratori, agli studenti, alle forze sindacali, ai movimenti sociali -. Chiediamo di anteporre alle legittime sensibilità e differenze dei vari gruppi e associazioni, l’urgenza di fare fronte comune su una battaglia di civiltà che non si può perdere».

Un appello forte, che oltre alle parole, prende in prestito l’immagine di “Rosie the Riveter” di “We can do it!”, il celebre manifesto di J. Howard Miller, divenuto icona dell’indipendenza e delle lotte per i diritti femminili. I promotori della manifestazione se la prendono con la giunta Acquaroli per non essersi adeguata alle linee guida ministeriali che hanno allargato la distribuzione della pillola abortiva, Ru486, anche ai consultori.

E definiscono «gravissime» le dichiarazioni del capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli sul rischio di «sostituzione etnica» se non si punta su politiche di natalità. La polemica era scoppiata all’indomani della seduta del Consiglio regionale, con la presa di posizione in Aula, da parte della Giunta,

«È in gioco l’intero sistema dei diritti sociali e civili, conquistati con decenni di mobilitazioni» lamentano, invocando l’inizio di una «lotta politica, sociale e culturale a difesa dei diritti e dei valori democratici».

Sulla questione interviene anche Rifondazione Comunista che dice «basta con i proclami della tutela del feto, perché l’unico dato scientifico a disposizione indica che non c’è capacità di sopravvivenza al di fuori del grembo materno, non prima della ventesima settimana». Inoltre il partito parla di «maestri del patriarcato» e di «organizzazione generale di una società fatta di violenza e oppressione contro le donne». Inoltre accusano la Giunta di voler «subordinare le donne al lavoro premuroso all’interno della famiglia e la maternità come destino».

Mentre sul concetto di sostituzione etnica affermano che «significa fare guerra ai migranti, espellendoli dal diritto di essere cittadini e ricacciarli ai margini della società». Infine concludono sostenendo che «intolleranza razziale e sessismo sono interconnessi e sovrapposti, e dobbiamo contrastarli simultaneamente, perché oggi essi mostrano la matrice fascista del ventunesimo secolo».

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