Ancona-Osimo

38 anni dalla frana di Ancona, il ricordo del giornalista Nicoletti: «Una notte da incubo»

A raccontare quanto accadde il 12 dicembre 1982 è Bruno Nicoletti, responsabile dell′ufficio province del Corriere Adriatico, la cui redazione era a due passi dal movimento franoso che scosse il capoluogo 

La frana di Ancona

ANCONA – «Una notte da tregenda, da incubo». Nonostante siano passati 38 anni dalla frana di Ancona il ricordo è sempre vivido nella mente di chi quella notte era presente. Memoria storica di quella notte, che scosse al cuore il capoluogo, è il giornalista Bruno Nicoletti, responsabile dell′ufficio province del Corriere Adriatico la cui redazione era proprio a due passi dalla frana.  Erano circa le 22 del 12 dicembre 1982 quando la terra iniziò a muoversi scivolando verso il mare e cogliendo di sorpresa i residenti del quartiere Posatora, tranquilli nelle loro case.  

«Ero in redazione al giornale, in attesa della chiusura del visto si stampi – racconta – si erano fermati anche il direttore Dario Beni e il collega Valter Orazi perché poi dovevamo andare a cena fuori. Improvvisamente abbiamo sentito un rumore diabolico, scrosciante e angosciante». Sul primo momento il giornalista ricorda che in redazione pensarono ad un guasto tecnico accorso ad un treno nella vicina ferrovia o ad un incidente stradale: «Il direttore mi disse di andare a vedere cos’era successo – prosegue – così uscii. Fuori stava diluviando, sono salito in auto e sono andato verso la Stazione, ma vidi che non era successo niente».

Bruno Nicoletti

Nicoletti tornò verso la Palombella, dove si trova la redazione del quotidiano, e lì cominciò a prendere coscienza di quanto era appena accaduto: «Vidi l’asfalto che si stava accavallando pezzo su pezzo e più in fondo mi accorsi che era stata divelta anche la sede ferroviaria che appariva tutta storta». Il giornalista decide di rientrare subito al giornale per avvertire la redazione dell’accaduto: la frana Balducci ad Ancona era ben nota da tempo ma mai nessuno poteva immaginare quello che sarebbe successo. «Ho fatto chiamare i fotografi e mi sono diretto verso la nazionale, mentre il collega Valter Orazi è andato a Posatora».

A muoversi furono 342 ettari di terreno con le zone di Borghetto, Posatora e, in parte, Torrette, fra le più colpite. Saltarono le utenze e le persone si ritrovarono al buio nelle case, senza riscaldamento né acqua. Miracolosamente, nonostante gli edifici si fossero mossi anche di un metro, non ci furono morti. Nei momenti successivi alla frana arrivarono i primi soccorsi: «Era buio, non c’era più l’illuminazione lungo la strada, ma con la luce delle fotoelettriche abbiamo visto il disastro che era appena successo: la strada era tutta rugosa, si era sollevata a tal punto che le macchine che stavano fuggendo dalle abitazioni non potevano scendere e una di queste era volata di sotto: fortunatamente gli occupanti non si erano feriti, ma sono dovuti intervenire i vigili del fuoco per tirarli fuori».

Le notizie si rincorrono e Bruno Nicoletti viene a sapere che la grande frana aveva appena danneggiato due ospedali: l’oncologico e il geriatrico che sorgevano in via Fornetto, la Facoltà di Medicina dell’Università di Ancona che era in via delle Grotte e l’ospizio Tambroni, nella stessa via. Quasi 500 persone persero il lavoro e furono evacuati i residenti, gli ammalati che erano ricoverati e il personale delle due caserme della polizia stradale di Posatora, quella provinciale e la regionale.

«Dalla mezzanotte in poi – ricorda – Ancona è stata solcata dalle luci intermittenti delle ambulanze, delle auto della Polizia e dei Carabinieri, che cercavano di controllare la zona per impedire episodi di sciacallaggio». Tanti i mezzi di soccorso , oltre ai vigili del fuoco di Ancona che furono tra i primi ad arrivare, c’erano polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani. Drammatico il bilancio: 3.000 persone sfollate, 3661 evacuate fra le quali 1071 famiglie, 280 edifici distrutti, 865 abitazioni danneggiate, ferrovia e strada distrutte per circa 2,5 chilometri e viabilità a nord di Ancona bloccata, passavano solo i mezzi di soccorso, mentre il traffico venne deviato verso la galleria del Montagnolo. 

«Non dovevano dare il permesso di costruire in quella zona, la frana Balducci esiste da prima che ci fossero gli insediamenti urbani di Ancona» riflette il giornalista. Oggi racconterebbe in maniera diversa i fatti accaduti quella notte rispetto a quanto fece allora? «Probabilmente li racconterei in maniera più tragica: il primo impatto fu tremendo, ma il buio e la pioggia non consentivano di avere una visione complessiva. Solo il giorno successivo, girando tutta la zona, ci rendemmo conto della gravità dell′accaduto: se la sera lo scenario era tremendo il giorno dopo era apocalittico, tremendo, terribile». Cosa l′ha colpita di più? «Il pensiero di chi viveva da sempre in quelle zone, panoramiche e bellissime: si sono trovati improvvisamente sbalzati fuori dalla loro quotidianità».

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