Ancona-Osimo

Alfredo Sarano, in fuga tra Pesaro e Mombaroccio per salvare oltre 14mila ebrei. La storia che (quasi) nessuno conosce

Un docufilm che ripercorre molte vite. Una su tutte: quella di Alfredo Sarano, ebreo milanese, che riuscì a nascondere una fitta lista di nominativi ebrei alle istituzioni fasciste. Poi, scappò nelle Marche. Il docufilm proiettato a Senigallia

La famiglia Sarano in una foto storica (gentile concessione D. Ceccarini)

ANCONA – Un docufilm tratto da un libro, che ripercorre una delle storie più nascoste dall’ombra del secolo scorso. Le riprese sono ambientate nelle Marche, a Mombaroccio, nel convento del Beato Sante, a Pesaro, e nelle sue campagne.

Tutto inizia quando il milanese Alfredo Sarano, segretario della Comunità ebraica, riesce a sfuggire alla furia nazifascista e a nascondersi nelle Marche, tra le campagne di Pesaro e Mombaroccio.

Campagne che a quell’epoca «erano considerati luoghi più sicuri rispetto alle città. Il signor Scarano riuscì a occultare un diario con una fitta lista di nomi di famiglie ebree», salvandole dal genocidio.

«Partì da Milano e arrivò nelle Marche» – spiega il regista del docufilm Siamo qui siamo vivi, Daniele Ceccarini. Ma anche le Marche, così come il capoluogo, Ancona, dopo l’8 settembre 1943, verranno invase dai tedeschi col nascere della Repubblica sociale italiana. Scarano, però, riuscì a portare a termine il suo progetto.

«Dopo l’occupazione tedesca di Milano, decise di nascondere le liste di oltre 14mila ebrei, salvandoli in larga parte dai campi di sterminio. In seguito, fuggì con la propria famiglia a Pesaro e da qui a Mombaroccio, dove l’intera famiglia venne nascosta nella casa di alcuni contadini del posto e messa sotto la protezione dei frati francescani del convento del Beato Sante, guidato da padre Sante Raffaelli che in quegli anni, su indicazione dell’allora vescovo Bonaventura Porta, ospitava rifugiati di ogni tipo».

foto Tassara

Sarano, dicevamo, riuscì nell’impresa «nonostante un sottufficiale tedesco della Wehrmacht, Erich Eder, che lo scoprì nell’estate ’44. Lo scoprì ma non disse nulla. Il giovane ufficiale era il comandante del quartier generale della Wermacht di Mombaroccio e pur avendo scoperto l’identità dei Sarano e degli altri numerosi ebrei nascosti, decise di trasgredire gli ordini di Hitler e di non deportare nessuno» – racconta Ceccarini –. Il nazista tedesco dunque non rivelò ai suoi superiori che Sarano era ebreo e che si batteva contro l’ideologia antisemita.

Un gesto, quello dell’ufficiale, che gli vale oggi l’iscrizione nel giardino internazionale dei Giusti Gariwo. Ma la storia prosegue e «il 26 agosto 1944 l’esercito alleato guidato dal primo ministro inglese Churchill giunge ai piedi di Mombaroccio iniziando lo sfondamento della linea gotica con un pesante bombardamento sul convento del Beato Sante dove erano rifugiati, insieme alla famiglia Sarano, anche 300 civili».

«Figura chiave, quella del carismatico frate francescano padre Sante Raffaeli – precisa il regista –. Un frate che accoglieva rifugiati e aiutò persino Sarano».

«Il comandante tedesco Eder, cattolico della Baviera, decise di fare un voto davanti all’urna del Beato Sante per avere salva la vita di tutti e decise di ritirarsi per evitare che il convento fosse raso al suolo. In questo modo, si salvarono tutti i 300 civili nascosti nelle grotte del convento nonostante oltre 36 ore di bombardamenti. Nel 1953 Erich Eder tornerà a Mombaroccio a sciogliere il voto in bicicletta».

«Una storia, questa, particolare e complessa, in cui si intrecciano le vite di varie persone, raccontate dal libro di Roberto Mazzoli, Siamo qui siamo vivi. Da lì – prosegue il regista – abbiamo cercato di raccontare una storia fatta di testimonianze dirette dei Sarano e degli Eder. C’è persino la senatrice Liliana Segre. Persone che hanno avuto la capacità di scegliere la cosa giusta al momento giusto salvando la vita a oltre 14mile persone, i cui nomi erano scritti nelle liste che nascondeva Sarano».

Alfredo Sarano si rifugiò prima nel pesarese e poi nelle zone rurali dell’entroterra: «Qui, siamo venuti molte volte per girare e intervistare i protagonisti, che si trovavano prevalentemente tra Mombaroccio e Pesaro».

Una delle presentazioni ufficiali del film (foto Angelucci)

Siamo qui siamo vivi è il titolo della pellicola firmata da Ceccarini, che riprende i versi di una delle più famose canzoni di Vasco Rossi: «È solo una coincidenza – precisa Ceccarini –. C’è il riferimento al fatto di essere qui e vivi, grazie al gesto di alcune persone coraggiose. Vorrei trasmettere l’importanza di essere riusciti a sopravvivere».

Il documentario, che viene ora presentato in esclusiva in vari festival, potrebbe ben presto diventare un film-fiction: «Se ne sta occupando il produttore Arman Julian. L’abbiamo già presentato a Roma e Pesaro. La risposta è stata davvero positiva».

Venerdì 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, il docufilm viene proiettato a Senigallia, al Cinema Gabbiano: «Senigallia presenta una comunità ebraica importante. Ecco perché abbiamo deciso per questo appuntamento».

Il libro di Mazzoli è oggi tradotto anche in ebraico ed è stato presentato a Montecitorio il 16 marzo 2018 e a Gerusalemme, davanti al Presidente di Israele Herzog il 5 aprile 2022. Il documentario, come dicevamo, è stato presentato il 13 settembre in anteprima a Pesaro al Cinema Teatro Sperimentale, successivamente a Roma il 18 ottobre al Cinema Troisi in occasione del Festival del cinema di Roma.

A febbraio sarà presentato a Berlino in occasione del Festival di Berlino e continuerà il percorso nei più importanti festival internazionali. 

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