Ancona-Osimo

L’agricoltura rigenerativa mitiga il degrado dei suoli marchigiani

Dopo tre anni di sperimentazioni in campo, si è concluso "Agribiocons". Evidenti benefici agroambientali grazie alle cover crops

Da sinistra Francesca Carbonari (Arca), Dominique Serrani (Univpm), Stefania Cocco (Univpm), Leonardo Tobia (Arca), Valentina Piselli (Arca), Bruno Garbini (Arca), Martina Pirani (Arca), Simone Tiberi (Arca), Gino Romiti (Loccioni)

Dopo tre anni di sperimentazioni in campo, si è concluso “Agribiocons”: il progetto cofinanziato dalla Regione Marche ha interessato terreni di Falconara, Serra De’ Conti, Serra San Quirico, Arcevia, Jesi, Apiro e Cingoli, ed è stato sviluppato da rete di partner quali Arca Srl Benefit, Società Agricola Biologica Fileni Srl (capofila), impresa Loccioni, Società Agricola Agri Blu di Zingaretti e Soci SS e Università Politecnica delle Marche. i risultati del progetto sono stati presentati il 7 dicembre nel corso di un convegno all’Hotel Touring di Falconara.

«Questi tre anni di Agribiocons sono stati entusiasmanti, un’ottima esperienza confermata anche dall’alto livello del convegno finale», ha fatto sapere Bruno Garbini, presidente di Arca Srl Benefit, società fondata insieme a Giovanni Fileni ed Enrico Loccioni.

Bruno Garbini

«Con tre anni di sperimentazioni in campo – ha proseguito Gabini – abbiamo scritto un importante capitolo per l’agricoltura bio conservativa e bio rigenerativa nelle Marche, e da qui partiranno nuovi progetti di sviluppo. Arca Srl Benefit continuerà ad essere impegnata in questo tipo di agricoltura e i prossimi cinque anni saranno dedicati non solo ai seminativi, ma anche all’orticolo, al vigneto, e all’esportazione di ARCA fuori regione nonché, nel prossimo futuro, all’ingresso nel mercato con un paniere di prodotti bio rigenerativi».

«L’agricoltura bio-rigenerativa rappresenta per noi un faro che deve guidare le nostre scelte strategiche e di sviluppo, nella consapevolezza che, come impresa che opera sul territorio (ma anche sul terreno), abbiamo una grande responsabilità verso l’ambiente e le generazioni future », ha aggiunto sottolinea Massimo Fileni vicepresidente del gruppo Fileni».

Il progetto Agribiocons «è nato nel 2019 con l’obiettivo di mitigare il degrado dei suoli marchigiani – ha spiegato Alessandro Tramontano, referente del Gruppo Operativo Agribiocons – tramite il trasferimento e l’adattamento del modello agricolo bio-conservativo rigenerativo nei sistemi colturali marchigiani». «Grazie al progetto Agribicons la Regione ha attivato i contributi rivolti agli agricoltori che vorranno applicare le minime lavorazioni e l’utilizzazione delle cover crops», ha annunciato Silvia Fiorani del Servizio Politiche Agroalimentari Regione Marche.

Durante la sperimentazione le pratiche agricole biologico conservative sono state messe in atto dall’agronomo Arca Simone Tiberi, attraverso il principio della diversificazione culturale, consociazioni colturali, la minima lavorazione e le cover crops. Le considerazioni finali «fanno emergere che le rese colturali tra regime biologico e regime bio-rigenerativo sono equiparabili con evidenti benefici agroambientali grazie alle cover crops. I risultati hanno mostrato anche che attualmente i costi sostenuti dagli agricoltori sono maggiori ma – ha sottolineato l’agronomo – possono essere abbassati grazie a migliori tecniche di coltivazione delle cover crops».

Aspetto importante di Agribiocons è stato rappresentato dalle colture consociate seguite da Stefano Tavoletti, professore di Genetica Agraria di Univpm. Mentre il monitoraggio delle sperimentazioni è stato curato dal Gruppo di Pedologia dell’Università Politecnica delle Marche, con Stefania Cocco e Dominique Serrani. Il gruppo di ricerca ha studiato e monitorato le caratteristiche morfologiche e fisico-chimiche dei suoli sottoposti alle pratiche biologiche (BIO) e biologico conservative (BIO+), con l’obiettivo di valutare l’effetto di tali gestioni: «Sono stati riscontrati risultati positivi in merito all’erosione del suolo grazie all’applicazione delle cover crops, mentre per quanto riguarda il miglioramento della qualità del suolo i risultati ottenuti hanno mostrato un andamento disomogeneo dovuto in parte alla variabilità dei siti e delle operazioni colturali, in parte alla scarsità dei dati in termini spaziali e temporali».

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