Ancona-Osimo

Acqua nel vino? La proposta dell’Unione Europea che fa infuriare i produttori

Coldiretti ipotizza un dannoso crollo nelle produzioni e il rischio di falsificazioni e truffe. Gli enologi pensano che anche le caratteristiche del vino stesso ne risentirebbero

Acqua nel vino per abbassare la gradazione alcolica. La proposta arriva dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea che ha approvato un documento in cui si autorizza la cosiddetta “dealcolazione”, cioè allungare il vino con l’acqua in fase produttiva. E se abbassare la gradazione è un procedimento che qualcuno era solito già fare direttamente a tavola, provocando una reazione di indignazione negli intenditori e sommelier, adesso questa abitudine potrebbe diventare addirittura prassi, ma inserita direttamente nella fase produttiva del vino. Produttori, enologi e la stessa Coldiretti insorgono: la proposta dell’Unione Europea è vista come un nuovo, pesante attacco al made in Italy e più precisamente al prodotto simbolo della storia e della tradizione italiana: il vino, quell’ambasciatore del bere bene nel mondo con le sue etichette, le denominazioni Doc e Docg e Igp.

«Si parla di un prodotto che non si può chiamare vino»

«Speriamo che la proposta non venga accolta – dice Tommaso Di Sante, presidente Coldiretti Pesaro Urbino e lui stesso produttore – distintività, ricchezza e storia dell’enologia del nostro Paese vengono così messi in discussione. Siamo totalmente contrari a passaggi meccanici e chimici per dealcolare il vino. Di fatto, sono procedure che non ci appartengono, ridurre la gradazione alcolica del vino può essere pensata su prodotti che però non sono vino». Quindi, il rischio della contraffazione è dietro l’angolo, così come il crollo economico del valore attribuito oggi alle produzioni di eccellenza del made in Italy in bottiglia. «Si parla di un prodotto che non si può chiamare vino – insiste Di Sante – il vino per noi, anche come regolamenti, è ciò che viene creato direttamente dalla lavorazione dell’uva, se si fa una manipolazione non è più vino. Siamo preoccupati di questo che Bruxelles sta prospettando, siamo contrari a questi passaggi che aprirebbero le strade a prodotti contraffatti e a truffe. Le informazioni devono essere chiare nei confronti del consumatore e questi passaggi per bevande edulcorate, creano solo grandissima confusione. Ci sono tanti rischi da calcolare se questo documento diventasse esecutivo: il rischio di crollo delle produzioni in primis, poi del valore dei prodotti, così come la qualità e la reputazione del vino italiano nel mondo che così verrebbero screditate. Il vino senza alcol non può essere definito vino. Vediamo questo come un tentativo di danneggiare le produzioni agroalimentari italiane, come è stato per il “Nutri-score”, che penalizzava la nostra dieta mediterranea favorendo prodotti come la Coca Cola zero, ritenuta più salutare del nostro Parmigiano Reggiano o dell’olio di oliva e del prosciutto di Parma».

La cosiddetta “etichetta semaforo”, il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia per semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso una scala cromatica dal verde al rosso, secondo il presidente di Coldiretti Pesaro-Urbino sarebbe un input sbagliato psicologicamente al consumatore «il quale, vedendo che un prodotto ha il bollino rosso, istintivamente non lo acquista. E questo penalizza soprattutto i nostri prodotti di punta. L’Europa guarda ad altri consumatori, ad altri Paesi cui aprire la nostra economia e cerca dunque di far passare dei tipi di alimentazione che non ci appartengono assolutamente, come ad esempio le cucine con gli insetti essiccati e le tarme della farina, sperimentati in pochi ristoranti del nord Italia per venire incontro a una dieta che non è certo quella italiana. Questa contro il disciplinare che toglie alcol al nostro vino – conclude Tommaso Di Sante – è una battaglia che portiamo avanti con la Francia e la Spagna, speriamo che molti altri Paesi dell’Unione Europea siano d’accordo con noi».

Tommaso Di Sante presidente Coldiretti Pesaro-Urbino e produttore

Vino, l’enologo

Dello stesso avviso l’enologo Simone Schiaffino, che boccia la proposta dell’UE come una «autentica sciocchezza, un sacrilegio, considerando che per sua stessa definizione il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto di uva. Una Dop o una Doc non può fregiarsi del nome vino se si aggiunge acqua. Andremmo a depauperare il nostro territorio, la nostra storia che passa anche attraverso le produzioni vitivinicole. E’ una proposta discutibile in ambito agroalimentare anche perché si creerebbe un enorme danno economico al nostro Paese: l’economia italiana si regge anche sulle produzioni vinicole, dobbiamo fare di tutto per difendere il nostro made in Italy. E’ un sacrilegio che metterebbe anche in secondo piano le denominazioni di origine controllata (Doc) e le Indicazioni geografiche protette (Igp): i prodotti senza alcol sono visti come un’opportunità verso il Medioriente, una possibilità per alcuni (come è stato per le birre analcoliche), mentre la maggior parte dei produttori è assolutamente contraria. Italia, Francia e Spagna al momento stanno facendo fronte comune a questo indirizzo dell’Unione Europea che entro il 2023 vorrebbe mettere a regime questo processo di dealcolazione. Un procedimento che mette a rischio le nostre eccellenze – conclude Schiaffino – temiamo davvero per il commercio del nostro vino e per il danno che questa direttiva potrebbe portare. L’Italia è il primo Paese al mondo per le produzioni e per la qualità dei suoi vini, chi produce l’uva si troverà svantaggiato e sarà costretto a diminuire le produzioni. Ed è la maggior parte dei lavoratori italiani. L’alcol oltretutto serve a veicolare gli aromi del vino, aggiungendo acqua anche la bevanda (non chiamiamola vino) perderà le sue caratteristiche».

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