Ancona-Osimo

A 85 anni scala le Gole dell’Infernaccio. La storia di Ireneo, il camionista di Montegiorgio: «Serve volontà»

Ireneo Vita e la sua esistenza, tra la famiglia e il lavoro: «Questo cammino non lo facevo da 15 anni. Sono felice di esserci tornato con mio nipote Alessandro». La figlia: «A mio padre devo tutto»

In primo piano, Ireneo durante il cammino. Subito dietro, il nipote, Alessandro

FERMO – A 85 anni scala l’Infernaccio e arriva all’eremo in cima alla montagna. È questa l’ultima impresa di Ireneo Vita, classe 1939, nato il 7 luglio. Ad accompagnarlo nel lungo cammino all’interno del parco dei Monti Sibillini, è stato il nipote, Alessandro, con un suo gruppo di amici (tutti 25enni).

Ireneo e gli amici del nipote

«Non è stato facile accompagnare nonno – dice Alessandro – perché è abbastanza testardo e voleva fare il percorso da solo, nel modo che voleva lui. Io cercavo di stargli dietro per prenderlo nel caso fosse caduto». Camicia blu, pantaloni di cotone e delle normalissime scarpe addosso, Ireneo è tornato a fare quel cammino che non percorreva da circa 15 anni. «All’Infernaccio, lui andava sempre perché c’era un frate, padre Pietro, che era il suo punto di riferimento».

Una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, la sua. Conosciutissimo a Montegiorgio, dove abita insieme alla moglie, Gioconda, il signor Ireneo è considerato la memoria storica del paese. Accanto a lui, i suoi due amatissimi figli, Catiuscia e Andrea.

Ireneo Vita mostra una sua foto da giovane

«Mio padre è la persona più pura che abbia mai conosciuto, talmente puro che sembra ancora un bambino, si fida di tutti, è un uomo molto generoso. Mi ha insegnato ad amare, anche se io non ho un cuore grande come il suo. E poi, mi ha trasmesso il rispettare tutti senza dare giudizi, anche se non ne sono capace come lui. Mi ha insegnato che il valore più grande sono le persone, i nostri affetti. Lui ha lavorato tantissimo nella vita, ha fatto anche due lavori per non farci mancare mai nulla con grande umiltà, quindi mi ha insegnato anche l’importanza del lavoro e la serietà che bisogna avere nella vita. Perché il lavoro non è solo un diritto, ma anche un dovere».

Un uomo di poche parole, forse, ma di grande «esempio. Sono felice di essere cresciuta con lui, nella sua semplicità e grande umanità». Autotrasportatore e gruista, adesso Ireneo «si gode i campi e gli animali, nella sua casa di Montegiorgio e ogni domenica va a messa alla Madonna del Lambro, in macchina (guida lui, chiaramente)».

È da qui che l’altro giorno è partito alla volta dei Sibillini. «Ormai sono un morto che cammina – usa scherzare lui – non ho più neanche lo stomaco», ripeteva durante la scalata. Che in realtà, fa sapere il nipote, «ha percorso facilmente, senza fermarsi troppo. Andava quasi più veloce di me», racconta.

Ireneo con il nipote, Alessandro

Il signor Vita, molto amico dell’eremita che costruì la piccola cappella in cima a Montefortino, è tornato nei suoi luoghi del cuore. È infatti qui, dopo l’infanzia felice con 6 fratelli, che Ireneo – proveniente da una famiglia molto religiosa – si sposa con Gioconda, la donna con cui ancora oggi condivide la sua vita: «Papà si è sposato con mamma alla Madonna del Lambro – precisa la figlia – Lei aveva 20 anni, lui 29. Adesso, mio padre è magro per via di un problema che ha avuto allo stomaco, ma prima – evidenzia – era molto tonico».

Il segreto per arrivare così a 85 anni? «Tanta forza di volontà, tanta tigna e tanta voglia di vivere». Sarà per il suo cognome «Vita», sarà per l’aria di montagna o per l’amore da cui è circondato: sta di fatto che Ireneo è riuscito ad arrivare in cima alle Gole dell’Infernaccio, per poi scendere in poche ore. Non dopo essersi rinfrescato nella piccola fontanella di fronte all’eremo, tra il verde degli alberi e l’abbraccio del nipote.     

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