Pesaro

Carenza di medici e corsi a numero chiuso, la proposta di Biancani: «Cambiare subito la legge per l’accesso»

Il consigliere chiede alla Regione di farsi carico di promuovere l'iniziativa. «Il numero chiuso deve basarsi sul fabbisogno reale»

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PESARO – Fabbisogno di medici, occorre allargare il numero di accessi all’università e corsi. È il principio sul quale è stata costruita la proposta di legge alle Camere presentata dal Vicepresidente del Consiglio regionale, Andrea Biancani (Pd), sottoscritta dalla consigliera Micaela Vitri e dal gruppo Pd, per superare una delle cause che contribuiscono a generare la carenza di medici e di professionisti sanitari.

«Il numero di accessi alle facoltà di medicina, alle scuole di specializzazione e ai corsi di medicina generale venga calcolato sul fabbisogno reale del sistema sanitario nazionale. Mai come negli ultimi due anni – sostiene Biancani – è risultato evidente lo scollamento tra il numero di medici e infermieri necessario dentro gli ospedali e nella sanità territoriale, rispetto alla disponibilità effettiva di personale. Durante la pandemia abbiamo assistito per la carenza di queste figure professionali alla chiusura di reparti, alla sospensione di servizi e prestazioni, aggiungendo disagi ai disagi già enormi provocati dalla diffusione del Covid. Si sono moltiplicati gli appelli dei sindaci per i Comuni rimasti senza medici di base e anche l’attività ordinaria negli ambulatori sul territorio è stata rallentata, se non interrotta, per la mancanza di organico. 

Sebbene siano tanti i fattori che condizionano questa carenza, dal blocco del turn over, ai pensionamenti, alle retribuzioni spesso inadeguate, il punto di partenza potrebbe essere l’ampliamento progressivo degli ingressi ai corsi di laurea, unito ad un aumento delle borse di studio per le specializzazioni. È inutile infatti aumentare il numero di giovani medici laureati, se poi sono costretti ad interrompere il percorso di formazione perché mancano le borse di studio». 

La proposta, qualora venisse approvata dall’Assemblea legislativa e successivamente accolta, esaminata e votata dal Parlamento, andrebbe a modificare la legge nazionale del 1999 sugli accessi ai corsi universitari e il decreto legislativo dello stesso anno sulla quantificazione delle specializzazioni e dei corsi per i medici di famiglia. 

Attualmente il dato che incide maggiormente è l’offerta potenziale delle università, in pratica quanti studenti ogni ateneo riesce ad accogliere. Con le modifiche proposte, la capacità ricettiva delle facoltà resterebbe tra i fattori, ma il primo criterio diventerebbe il fabbisogno reale, definito dalla programmazione e quantificazione fatta dal Ministero della salute, dopo aver recepito le richieste delle Regioni.

«L’anno scorso abbiamo avuto 70mila aspiranti per 14mila posti disponibili, in pratica 1 su 5 è entrato a Medicina. Qualcosa va cambiato, ma eliminare il numero chiuso incondizionatamente è sbagliato e anche chi lo sta proponendo in Consiglio regionale in realtà lo sa bene. Sarebbe troppo impattante sulle Università che non riuscirebbero ad organizzarsi, perché un corso di laurea in medicina è complesso, non ci sono solo lezioni teoriche, servono laboratori, tirocini, percorsi di affiancamento. Il sistema non reggerebbe tanti ingressi e si metterebbe a rischio la qualità formativa indispensabile per questa professione. Ma se vogliamo dei risultati – conclude Biancani – Il Parlamento e il Governo devono intervenire adesso, non possiamo continuare con provvedimenti tampone, curando i sintomi e non le cause».

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