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Riapertura delle scuole in zona rossa, Educhiamo: «No ai tamponi settimanali, onerosi per le famiglie»

Il comitato che raccoglie i gestori di nidi, genitori e personale educativo rimarca che i plessi scolastici sono ambienti sicuri

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ANCONA – È dibattito aperto a livello nazionale sulla possibilità di riaprire le scuole materne ed elementari anche in zona rossa e il governo, con il Comitato Tecnico, è al lavoro su questa ipotesi. L’attuale Dpcm, varato dal premier Mario Draghi, in scadenza il 6 aprile, aveva disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado nelle regioni in zona rossa, ma il pressing dei comitati e l’esasperazione dei genitori che si ritrovano a gestire la didattica a distanza dei figli, mentre lavorano in smart working, potrebbero essere presto accolti.

Con la curva della terza ondata pandemica che non accenna ancora a frenare, le regole per la ripresa delle lezioni in presenza saranno molto rigide e per chi torna sui banchi scatterà il tampone, inclusi i bambini di nidi e materne, che dovranno essere sottoposti a tampone rapido. Un test che potrebbe essere ripetuto ogni settimana e in caso di positività potrebbe scattare il tampone molecolare per l’intera classe.

L’obiettivo è quello di tenere sotto controllo i contagi con la campagna vaccinale dei docenti ancora in corso. Nelle aree arancioni si lavora invece per riaprire alle lezioni in presenza al 50% dalle medie in su. Ma i tamponi rapidi settimanali suscitano contrarietà e critiche da parte del mondo dei comitati.

Lara Menghini referente del Comitato Educhiamo che raccoglie varie anime, tra docenti, famiglie, titolari di nidi e personale educativo, spiega che obbligare ai tamponi settimanali la fascia d’età zero-sei anni «è un provvedimento superfluo per bambini così piccoli, che oltretutto rischia di aggravare ancora di più sul fronte organizzativo, la situazione a tante famiglie».

«Tutti i dati raccolti a livello nazionale – osserva – mostrano che la percentuale di contagi in ambito scolastico è sotto l’1% per cento: le scuole dovevano restare aperte, come negli altri paesi europei, perché non sono fonte di contagio». E anche i dati raccolti nelle strutture delle Marche mostrano lo stesso trend.

La referente del comitato evidenzia che specie nei nidi, i casi positivi nelle Marche «si contano veramente sulle dita di una mano e quei pochi sono tutti legati a cluster familiari, non scolastici». Sono tante invece le segnalazioni ricevute da parte dei genitori provati dalla gestione del lavoro e della didattica a distanza dei figli, con le donne che come al solito ne fanno le spese insieme ai figli costretti a restare a casa, senza potersi relazionare con i propri compagni.

Oltre a chiedere la riapertura immediata delle scuole il comitato si definisce «basito dall’ipotesi del tampone settimanale, sia perché fastidioso, specie per i bambini più piccoli, sia perché oneroso per le famiglie. Chi ha due figli potrà trovarsi a pagare anche 160 euro al mese solo per i tamponi», una mazzata per chi già paga la retta di un nido o per chi è in difficoltà per la crisi economica scaturita dalla pandemia.

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