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Ancona, D’Ubaldo e Rolandi parlano del calcio italiano dopo l’esclusione mondiale

Il tavolo dei relatori composto da Marchesini, Rolandi, il moderatore Luca Regini e d'Ubaldo

ANCONA- Un convegno in ambito sportivo molto atteso quello andato in scena questo pomeriggio nella sala conferenze della FIGC di Ancona. Organizzato dalla Fondazione Andrea Ferri sul tavolo dei relatori hanno preso posto Guido d’Ubaldo, giornalista caposervizio del Corriere dello Sport, Simona Rolandi della RAI e Maurizio Marchesini, responsabile nazionale dei centri federali territoriali. Argomento il calcio italiano, in particolar modo la sua ripartenza dopo l’esclusione dagli ultimi mondiali in Russia:

«Roberto Mancini è un orgoglio per la vostra regione – spiega D’Ubaldo -, i tanti giovani di oggi non sono ancora pronti a prendere l’eredità dei campioni del 2006. In Italia si fa ancora fatica con i settore giovanile, servirebbe qualche intervento a livello regolamentare. La Germania dopo il fallimento del 2006 azzero’ tutto e ha saputo ripartire, dovremo farlo anche noi. Manca il coraggio di fare scelte radicali e il Chievo che affida le sue speranze di salvezza ad un tecnico come Ventura è un indicatore. Un altro elemento è quello degli stadi di proprietà, la Juventus è arrivata prima e ha avuto la forza di prendere Ronaldo».

Nel mezzo il saluto di Floriano Marziali, responsabile del settore giovanile scolastico per la FIGC Marche. Applausi per l’intervento di Simona Rolandi, esperta anche di Pallavolo: «Roberto Mancini sta facendo un gran lavoro dando fiducia ai giovani come Zaniolo ad esempio. Se noi vediamo Chiesa, giocatore eccezionale, e ci vogliamo aggrappare a lui sbagliamo, perché ci vuole tempo. Ci deve essere una regola chiara che impone un giovane under italiano in campo. Non credo sia utopia e l’appello di Mancini che chiede che vengano fatti giocare è solo perché all’ estero succede così. Il non avere partecipato ai Mondiali parte da lontano, non certo da adesso».

La chiusura è stata affidata a Maurizio Marchesini che ha spiegato l’utilità dei centri tecnici federali disseminati in Italia: «Il settore giovanile è ottimista per natura. Vedo attualmente un’Italia in crescita, una nazionale che ha un senso. Il calcio non può cambiare da qui a due anni, ma siamo sicuramente avanti come processo di cambiamento. Qualche dirigente federale due anni fa si è accorto che bisogna formare gli allenatori e i nostri migliori sono ambiti all’ estero come Conte e Sarri negli ultimi anni. Chi ha costruito i centri federali si è dato come limite il 2030 perché ci vogliono più di dieci anni per una formazione corretta».

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