Senigallia

Mantoni: «Scrivere aiuta a buttare fuori quello che hai dentro»

Questa sera il giovane scrittore senigalliese presenterà il suo romanzo al Festival del Giallo "Ventimilarighesottoimariingiallo". In anteprima ci racconta la sua storia e le sue sensazioni

Umberto Mantoni

SENIGALLIA – Tra i protagonisti del Festival del Giallo di Senigallia c’è anche un giovane autore 36enne del posto con una grande passione per la scrittura: Umberto Mantoni.

Una passione quella di Umberto che nasce ormai tempo addietro ed è in parte legata alla sua attività lavorativa: Umberto infatti gestisce in società un’impresa di onoranze funebri. Il mestiere di necroforo, piuttosto insolito per un ragazzo, ha di certo un ruolo fondamentale nella realizzazione delle sue storie. In occasione del Festival, Umberto Mantoni, questa sera alle 18:30 nello spazio allestito in via Cavour, incontrerà il pubblico per presentare la sua ultima fatica: “Il tempo della strada” (Ventura Edizioni)

Umberto, raccontaci come è nata la tua ultima opera..
«Personalmente quando scrivo una storia penso sempre all’inizio e alla fine. Inoltre ho quasi sempre realizzato storie brevi, questa volta si tratta di un lavoro più lungo, circa 200 pagine. Ho iniziato nel 2014 ed ho terminato nell’aprile 2016. Infine  l’ho proposto a Catia Ventura a cui è piaciuto ed è andato in pubblicazione».

Come nasce questa passione?
«Mi piace scrivere, aiuta a buttare fuori quello che hai dentro, in fondo credo che se non scrivi qualcosa, in qualunque forma, non ti conoscerai mai bene nel profondo. Ovviamente si tratta di qualcosa di estremamente personale».

Come entra la tua professione nei romanzi che scrivi?
«Ne parlo da un punto di vista tecnico, sono aspetti che  solo chi vive quotidianamente questo lavoro può conoscere».

Possiamo dire che questo romanzo ha qualcosa di autobiografico?
«Di certo avendo messo all’interno del romanzo parte del mio lavoro è innegabile che ci sia una componente autobiografica. Mi è capitato di raccontare situazioni che ho vissuto in prima persona, mi piace esternarle, raccontare episodi che rientrano anche nella mia sfera professionale».

Che legame hai con i personaggi che crei?
«Un personaggio non muore mai, gli fai fare ciò che vuoi, lo senti vero e vivo, non è troppo diverso dal protagonista di un film. Il personaggio del mio romanzo ha dei tormenti come capita al 90% delle persone che arrivate ad una certa età devono necessariamente elaborare un lutto».

Il tuo lavoro è piuttosto particolare per un giovane, come è iniziato il tutto?
«Ho iniziato quando avevo 25 anni, un pomeriggio ero in compagnia di un mio caro amico e passando accanto ad un’impresa di onoranze funebri ho lasciato il curriculum, dopo un pò mi hanno chiamato, ed oggi è diventato il mio lavoro con un’impresa che gestisco in società».

Però è un lavoro che non può non toccare chi lo fa quotidianamente..
«Certamente mi ha sensibilizzato, quando ti ci trovi devi lavorare e pensare di farlo al meglio, poi però certe situazioni toccano e riemergono in un secondo momento. Il lutto è molto personale, ognuno lo vive a modo suo».

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