Senigallia

Senigallia, Natale in casa Mencarelli

Da trentuno anni gli uomini della famiglia stendono la sfoglia, mentre le donne partecipano alle varie fasi della lavorazione. Una catena di montaggio per preparare i tortellini in brodo per il pranzo del 25 dicembre

Due membri della famiglia alle prese con la sfoglia

SENIGALLIA- Mencarelli, 31 anni di tortellini fatti in casa. Dal 1987 gli uomini della famiglia stirano la sfoglia: «Tutto è nato nel 1987, quando nostra madre Giulia, ormai anziana, ci disse che non se la sentiva più di stendere la pasta e di fare i tortellini per il pranzo di Natale – spiega Roberto, il minore dei tre fratelli – Ho pensato che non si poteva interrompere la tradizione così un giorno ho preso uova e farina e mi sono messo ad impastare». Roberto è un po’ l’anima della famiglia Mencarelli, che lo scorso 9 dicembre, come ogni anno, ha confezionato i tortellini per il pranzo di Natale: «Ne abbiamo fatti 2,332 – prosegue – Anche l’ultima generazione, quelli di sei e sette anni, hanno iniziato a collaborare con molto interesse e sia noi nonni che i genitori abbiamo apprezzato molto, perché è bello poter proseguire le tradizioni di famiglia».

Le donne alla lavorazione

L’idea è stata di Roberto che, insieme alla moglie Gabriella e con l’appoggio delle cognate Graziella ed Anna, hanno deciso di proseguire con la pasta fatta in casa: «Abbiamo stabilito anche delle regole – prosegue – La prima, che a stendere la pasta siano solo gli uomini della famiglia o in alternativa i mariti di figlie e nipoti che portano il cognome Mencarelli». E così uova, farina e mattarello alla mano, gli uomini Mencarelli ogni ponte dell’Immacolata si mettono al lavoro: «Le donne possono comunque partecipare alle varie fasi della lavorazione.

Una regola scherzosa, così come l’atmosfera che si crea nella tavernetta di Via Po dove ogni anno prima di Natale ci riuniamo per quello che è diventato un singolare rito – spiega – Chi si propone di impastare le uova con la farina e fare le sfoglie con il mattarello ha poi l’onore di scrivere il proprio nome su un mattone che viene attaccato ad una parete della tavernetta».

«Una vera e propria catena di montaggio: «C’è chi taglia la pasta, chi nel dischetto di pasta mette il ripieno, altri chiudono i cappelletti e al termine un componente li conta e li dispone in file in contenitore della “pizza da asporto” che a loro volta vengono messi in un congelatore» – afferma Roberto, che ha già firmato sette mattoni: «Per i primi setta anni sono stati io ad impastare e tirare la sfoglia, poi man mano che la tradizione attecchiva fra gli aventi diritto della famiglia ho lasciato l’incarico e mi sono fatto da parte, ad oggi chi vuole avere titolo di scrivere il proprio nome sul mattone deve prenotarsi per tempo».

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