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Girolomoni, fare pasta e bene comune

Ad illustrare questa realtà produttiva marchigiana, che ha cinquanta dipendenti e più di 11 milioni di fatturato, Giovanni Battista Girolomoni, presidente della cooperativa agricola e figlio di Gino Girolomoni, figura da cui tutto è cominciato, precursore del biologico

Girolomoni-azienda-produzione

ISOLA DEL PIANO (PU) – «Mangiare non è soltanto trasformare e cuocere il cibo: è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, sapienza, profumo, semplicità, compagnia». A chi capita di navigare su internet alla scoperta di Montebello e della figura di Gino Girolomoni si imbatte in questa frase che nella sua prorompente semplicità racconta a tutto tondo una delle esperienze umane fondamentali. Non c’è bisogno di aggiungere altro, ma tutti scopriamo di ritrovarci in uno o in più termini di quella lista. Ad illustrare questa realtà marchigiana, il cui core business è la pasta conosciuta in tutto il mondo, con cinquanta dipendenti e più di 11 milioni di fatturato, Giovanni Battista Girolomoni, presidente della cooperativa agricola e figlio di Gino Girolomoni, figura da cui tutto è cominciato, precursore del biologico nel Belpaese.

Giovanni Battista Girolomoni

Presidente, chi era Gino Girolomoni?
«È stato definito profeta, filosofo, saggista, imprenditore, ma lui si sentiva semplicemente un contadino. Insieme alla moglie Tullia ha restaurato completamente l’antico Monastero di Montebello, dove fu fondato l’ordine dei Girolamini, oggi abitazione, agriturismo, centro convegni. Ha inoltre fondato la cooperativa Alce Nero, oggi Gino Girolomoni Cooperativa, linfa vitale per l’entroterra marchigiano».

Cosa rappresenta oggi Montebello per i marchigiani e non solo?
«La nostra esperienza rappresenta il cuore di un nuovo stile di vita, che partendo dai valori buoni della civiltà contadina, ha costruito un esempio di rivincita e ripartenza per i territori marginali dell’entroterra marchigiano, ma che ha ispirato tantissime aziende in tutta Italia. Precursori del biologico, ciò che sembrava pura utopia, è oggi una realtà di più di 50.000 aziende in tutta Italia e oggi Montebello rappresenta l’anima di un biologico non industriale ma ancora legato alla terra».

Oggi chi si occupa dell’azienda, con quale filosofia viene gestita e a quali altri esempi, se ci sono, vi ispirate?
«Oggi i figli, insieme ai soci e ai dipendenti stanno portando avanti tutte le attività avviate da Gino Girolomoni e sua moglie Tullia, seguendo il loro esempio. Le sfide produttive e di mercato sono diverse, ma l’obiettivo è rimanere coerenti alle motivazioni da cui si era partiti. Fare pasta e bene comune».

Qual è il numero degli occupati, il giro d’affari, indotto, mercato e prodotti…
«Oggi siamo cinquanta dipendenti, più di 11 milioni di fatturato, di cui l’85% deriva dall’attività all’estero: esportiamo in più di venti paesi nel mondo. Il prodotto principale è la pasta prodotta internamente, i cui cereali provengono dagli oltre 150 soci agricoltori in filiera».

Cosa chiedono i mercati esteri all’azienda?
«Chiedono qualità non solo nel prodotto, ma anche nel servizio. Inoltre chiedono affidabilità e rapporti di lunga durata. Poi ogni mercato è diverso, e bisogna saper essere flessibili».

Avete da poco festeggiato i dieci anni di collaborazione in Giappone, ci sono nuovi progetti in atto?
«Sì, in Giappone vogliamo sperimentare il lancio di un prodotto molto utilizzato che è la salsa rubra (il ketchup). Pomodori e aceto italiani, trasformati sul posto».

Ci sono alcune novità in vista? Eventi, nuovi prodotti…
«Le fiere a cui partecipiamo saranno il Biofach a Norimberga, il Sana a Bologna e Biolife a Bolzano. Come nuovi prodotti stiamo lavorando al lancio di nuovi formati, anche a cottura veloce per la ristorazione».

Qual è la vostra risposta a chi mette in discussione il biologico? Come si può tutelare il consumatore?
«Più il settore cresce, più diventa appetibile per le frodi. Il sistema di certificazione è sicuramente migliorabile, ma l’agricoltura biologica è il settore più controllato in Italia.
Quando c’è associazione a delinquere, purtroppo non c’è sistema di certificazione al mondo che tiene, a quel punto è compito delle autorità di controllo del Ministero intervenire. Il dato significativo è che nel 2016 solo il 5.7% dei prodotti delle imprese biologiche ha presentato qualche irregolarità a fonte di una media nazionale registrata nelle imprese agro-alimentari del 23.6%. Il consumatore si tutela andando anche oltre il biologico. Oltre la certificazione. Il consumatore è sicuramente più tutelato, quando la filiera è trasparente e si conosce l’origine della materia prima, o se gli agricoltori sono pagati con un giusto prezzo».

Girolomoni-azienda

Il rapporto con le nuove generazioni: da dove nasce l’idea di lavorare a stretto contatto con i bambini?
«
Nasce dalla volontà di far vedere ai bambini, che fare gli agricoltori è un mestiere duro ma bellissimo, che dietro al mondo contadino c’erano dei valori buoni che sono stati buttati via e che è importante ricordare: solidarietà quotidiana, il non produrre rifiuti, la stretta di mano, non avvelenare nulla. Con l’esperienza i bambini possono toccare con mano questi valori, visitando il museo con gli attrezzi dell’antica civiltà contadina, respirando l’aria pulita di Montebello, guardando le vacche al pascolo, imparando come si producono gli spaghetti e le penne.

Qual è il valore del cibo oggi? Da voi esiste una locanda…Chi sta dietro i fornelli?
Il cibo ha perso il suo valore sacrale, viene o banalizzato o esaltato. Ma sempre più persone nel comprare un cibo e nel cucinarlo, vogliono essere consapevoli. E i consumatori consapevoli sono i più grandi alleati degli agricoltori bio. Con il cibo consumato nel ristorante bio della locanda, cerchiamo di trasmettere l’amore per il territorio, tramite semplicità, silenzio, accoglienza e condivisione».

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