Jesi-Fabriano

La frustata di Legambiente: «Un altro capriolo nel canale killer, urgono interventi immediati»

Gli argini dell'impianto idroelettrico dell'Enel a Sant'Elena di Serra San Quirico sono una trappola non solo per gli animali, che continuano a morire, ma per tutti. «Non si può aspettare oltre, vanno messi in sicurezza» sostiene la guardia zoofila Lara Secchiaroli

Il capriolo ferito, bendato e adagiato sul prato dopo il recupero dal canale
Il capriolo ferito, bendato e adagiato sul prato dopo il recupero dal canale

SERRA SAN QUIRICO – Ritorna prepotentemente in primo piano il canale killer dell’impianto idroelettrico Enel di Sant’Elena.

Qui proprio ieri, 23 maggio, – come avevamo già scritto – un altro capriolo, maschio, è caduto all’interno del canale di scolo, giacendo sul fondo dello stesso, privo di forze, e con nessuna possibilità di farcela da solo (leggi l’articolo).

È Legambiente a intervenire, ancora in modo netto, una frustata, su questo ennesimo episodio, che va ad ascriversi a quella che potremmo definire una vera e propria strage di animali, in atto. Una guardia zoofila volontaria, Lara Secchiaroli, referente di zona per Jesi e Fabriano, era presente, ieri, a tutta l’opera di soccorso che è stata allestita nel tentativo, riuscito, di salvare il capriolo. Anche se le sue condizioni fisiche, una volta recuperato, erano precarie.

soccorsi capriolo
Le forze di soccorso intervenute

«È giunto il momento che le autorità competenti e chi ha responsabilità intervenga – sostiene proprio Lara Secchiaroli -, già troppi animali sono morti o sono rimasti feriti, non si può aspettare oltre».

Dopo l’avvistamento sono stati subito allertati i Carabinieri Forestali di Genga che hanno richiesto l’intervento della Polizia Provinciale e della squadra dei Vigili del Fuoco del distaccamento di Jesi.

capriolo
Le condizioni fisiche del capriolo sono precarie

L’opera di soccorso si è svolta attraverso il sollevamento del capriolo quindi, prima di essere appoggiato delicatamente sul prato adiacente all’impianto, è stato bendato per evitargli ulteriori situazioni nocive di stress. Ma la reazione dell’animale non è stata quella di rialzarsi per tentare di allontanarsi, come i soccorritori speravano, anche per problemi alle zampe posteriori, perciò è stato necessario far intervenire il Cras Enpa di Genga che, come avviene in questi casi, se lo è preso in carico trasferendolo, per le cure del caso, presso le proprie strutture.

cane morto
Molti gli animali che cadono in acqua e muoiono, tra i quali anche un cane

Il canale in questione è molto lungo e presenta argini ripidi in cemento, la rete di recinzione è inadatta a proteggere le sponde per tutta la lunghezza anche perché malridotta o abbassata. E a farne le spese, ogni primavera, sono numerosi animali, come caprioli, istrici, cinghiali, tassi, che finiscono in quella trappola d’acqua non riuscendo più a uscirne.

«Sembra che anche dei cani abbiano fatto la stessa fine – sostiene la guardia zoofila -,  resti di uno di loro sono stati rinvenuti proprio la settimana scorsa. Inoltre, se gli animali non muoiono affogati prima, una volta che arrivano vicino alla centrale elettrica finiscono nella camera di carico e vengono sollevati da una sorta di griglia che pulisce il fondo di questo piccolo bacino, la quale poi li scaraventa nel canale di scolo, sempre con mura di cemento alte. In trappola. Comunque, patiscono sofferenze atroci. Anche quest’ultimo capriolo difficilmente riuscirà a sopravvivere, a causa delle ferite riportate alle zampe posteriori, sembra paralizzate, ma soprattutto a causa dello stress, in quanto questi animali sono molto delicati e mal sopportano anche il solo contatto con gli umani».

Il canale
Il canale killer

Sin dall’anno scorso Legambiente aveva denunciato questa situazione, situazione nella quale gli animali continuano a morire, «Ogni volta le forze che intervengono stilano rapporti e i cittadini denunciano e scrivono ai giornali. Eppure la situazione rimane immutata: gli animali soffrono, muoiono, le forze di polizia e i Vigili del Fuoco intervengono, i Cras cercano di curare, i cittadini segnalano e aiutano, ma nessuno provvede a mettere in sicurezza quel maledetto canale».
Sottolineato anche «L’enorme dispiego di mezzi, uomini e risorse economiche pubbliche che ogni intervento richiede, a fronte di una spesa che si può calcolare sicuramente inferiore per la messa in sicurezza degli argini. Inoltre, la zona è molto frequentata, trovandosi a pochi metri dall’abbazia di Sant’Elena e da una strada che porta all’impianto di Gorgovivo, amata da ciclisti e podisti, per cui il rischio è che anche qualche persona possa finire nel canale dal quale, senza aiuto, non si riesce a uscire».

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