Jesi-Fabriano

Esce “Viva la Revoluciòn” l’ultimo singolo dei Capabrò

Intervista al gruppo musicale in ascesa che si è fatto conoscere e apprezzare anche fuori dai confini regionali. «Cerchiamo di non prenderci troppo sul serio», raccontano

I Capabrò
I Capabrò

JESI – Battute, monologhi, siparietti: la musica dei Capabrò è anche questo, si è fatta conoscere ed apprezzare proprio per il suo carattere fresco e originale.

Capabrò al Blaster
Un momento del concerto al Blaster (foto Fb di Gianca Camer Ciko)

Sono giovani, è vero, ma l’età conta poco se hai chiaro in mente cosa vuoi fare, come e perché lo fai. Loro lo sanno e il pubblico l’ha capito, tanto che sabato scorso (3 marzo) al Blaster Pub di Monsano c’era la platea delle grandi occasioni, “quello che non si vedeva da un po’ nel locale” assicurano i bene informati, per assistere al concerto dei Capabrò che hanno presentato il nuovo album “Musicanormale”. I Capabrò sono lo jesino 28enne Diego Brocani (basso e voce), Giorgio Pantaloni (batteria) 28 anni di Serra San Quirico e Elia Ciabocco (chitarra) 24 anni di Macerata, da Recanati Alessandro Corvatta, 20 anni, membro aggiunto.

capabrò
La copertina dell’album Musicanormale

Iniziamo dal singolo in uscita oggi (12 marzo) su Spotify, “Viva la Revoluciòn” sarà su tutte le altre piattaforme dal 23 marzo prossimo. «Il testo è didascalico, l’immagine è un pugno chiuso che stringe un cellulare – racconta Diego Brocani, frontman del gruppo – Raccontiamo la storia di un uomo che decide di fare la rivoluzione, non può farla come Che Guevara però, deve passare per la tastiera di un computer e così inizia a scrivere un post, scarica una App per fare la rivoluzione, parla di Wapp, Twitter, Facebook Youtube e Youporn. Insomma deve trovare un modo “attuale” per farla».

capabròSul palco vi siete travestiti da mimo, da sposa, da “marching band” e non risparmiate gag e siparietti. C’è una attitudine teatrale nel vostro lavoro?
«Più che teatro direi che abbiamo intenzioni comunicative precise. L’abito da marching band è da rivoluzionari».

Qual è la canzone che più vi rappresenta?
«Mariantonietta è il tormentone: racconta la storia di una ragazza giovane che si innamora di un vecchio riccone. L’amore è quella che preferisco: “l’amore non è meritocratico” questo dice la canzone, passando tra citazioni di scrittori e musicisti».

Vi piace quello che fate?
«Ci piace molto quel che facciamo, nella nostra maniera cerchiamo di arrivare alle persone. Non ci prendiamo troppo sul serio».

Come avete cominciato?
«Abbiamo visto la realtà di provincia, della nostra provincia e abbiamo cercato di uscire facendo concerti e partecipando a contest fuori regione – continua Diego, studente di contrabbasso al Conservatorio di Pesaro – Ci siamo formati nel 2014, eravamo io, Giorgio e Daniele Carnali che poi ha lasciato il gruppo. Per noi non era la prima esperienza musicale ma facevamo un altro genere. Nello stesso momento abbiamo sentito il bisogno di fare qualcosa di nostro e abbiamo fondato i Capabrò (come le iniziali dei cognomi dei fondatori, ndr). All’uscita di Daniele è subentrato Elia, studia chitarra. Non è stato semplice, abbiamo fatto molti sacrifici di tempo ed economici».

Pop, raggae e altre contaminazioni. Che genere fate?
«Diciamo che il nostro non è un genere puro, nel senso che ci sono contaminazioni raggae, ska, swing, twist e pop. Le nostre canzoni sono ministori, fatti realmente accaduti o inventati».

I Capabrò hanno partecipato nel 2016 a Musicultura e lo stesso anno hanno vinto il Rock targato Italia di Milano. Tanti i contest in tutta Italia a cui hanno partecipato. A marzo i Capabrò sono impegnati in un minitour che li vede a Perugia il prossimo 15 marzo, a Ramuscello in provincia di Pordenone il 16 marzo, a Jesolo il 17, a Noventa di Piave il 18 marzo e a Fermo il 23 marzo. In estate il grande tour in diverse località italiane.

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