Jesi-Fabriano

Comunità islamica, sabato la marcia per la pace a Jesi

Un corteo, il 26 agosto a partire dalle 15.30, che andrà dall’Arco Clementino a piazza della Repubblica, organizzato dalla realtà che gravita intorno al Centro Culturale Al Huda di via Erbarella, «contro tutti i terrorismi» dopo i fatti di Barcellona e la condanna espressa già nell'ultima preghiera del venerdì.

Un momento della preghiera del venerdì al Centro culturale islamico di via Erbarella.

JESI – Un corteo per la pace, sabato prossimo 26 agosto a partire dalle 15.30, dall’Arco Clementino a piazza della Repubblica, organizzato dalla comunità islamica di Jesi riunita intorno al Centro Culturale Al Huda «contro tutti i terrorismi». Prende forma così quella «manifestazione pubblica, per condannare tutti i terrorismi e qualsiasi forma di violenza, aperta a tutti, in segno di pace» di cui aveva parlato il coordinatore del Centro, Wahbi Youssef, dopo i fatti della settimana scorsa a Barcellona.

Sono oltre 500 le persone che gravitano abitualmente intorno al Centro culturale islamico Al Huda. Hanno dai 5 ai 60 anni, vengono da Marocco, Tunisia, Algeria, Bangladesh, Pakistan, Albania, Macedonia, Senegal, Congo, Siria, Giordania. Ci sono anche 4 convertiti all’Islam, dei quali tre italiani e un fedele proveniente dal Congo. «Diciamo chiaramente che chi con un furgone piomba su dei turisti, su gente che si sta divertendo, è un vile assassino – è stata, in occasione del sermone della preghiera di venerdì scorso, la presa di posizione dell’imam a seguito degli eventi di Barcellona -, un musulmano non può tacere davanti a questi fatti. Questi assassini non ci rappresentano e non possiamo accettare che siano associati all’Islam. Sono il contrario di ciò che è Islam». Ha spiegato Youssef: «Abbiamo voluto dare un messaggio forte e in italiano, la lingua che qui al Centro ci permette di comunicare e capirci, nonostante veniamo dai Paesi più disparati».

In effetti l’araba è la lingua della preghiera e del Corano ma in tanti, al di là dei versetti recitati, non la conoscono. «Tanto è vero – dice Youssef – che teniamo una scuola di arabo per bambini e, prossimamente, per italiani che vogliano impararlo. Oltre alla scuola di italiano per stranieri».

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