Fabriano

Intervista a Elena Mazzi, vincitrice del Premio Ermanno Casoli di Fabriano

Giunto alla sua XVII edizione, il Premio permette a un artista di realizzare un’opera d’arte destinata a un’azienda, con la partecipazione attiva delle persone che vi lavorano. E ciò è avvenuto in Elica

Un momento del lavoro realizzato in Elica da Elena Mazzi
Un momento del lavoro realizzato in Elica da Elena Mazzi

FABRIANO – Il Premio Ermanno Casoli, promosso dall’omonima Fondazione di Fabriano, uno dei più importanti riconoscimenti nel campo dell’arte contemporanea in Italia, è stato assegnato all’artista Elena Mazzi che ha realizzato il progetto Mass age, message, mess age, parte di un work in progress, iniziato dall’artista nel 2015, per mettere in luce le dinamiche sottese alle strategie di comunicazione. Giunto alla sua XVII edizione, il Premio permette a un artista di realizzare un’opera d’arte destinata a un’azienda, con la partecipazione attiva delle persone che vi lavorano. E ciò è avvenuto in Elica.

Elena Mazzi, un riconoscimento importante. Cosa significa per lei aver vinto questo premio?
«La possibilità di lavorare a contatto con un ambiente nuovo e stimolante, continuando una ricerca iniziata anni fa, applicandola in un contesto totalmente differente. Sono anche emozionata all’idea di realizzare la mia prima fusione per l’opera finale, ed ho amato rovistare tra i diversi materiali e luoghi di produzione dell’azienda Elica».

Ci parli della sua opera e cosa ha significato realizzarla all’interno di un’azienda?
«Mass age, message, mess age è un progetto che abbraccia tematiche complesse – la comunicazione in tempo di rivoluzione, le sue tecniche e strategie e in particolare la possibilità di errore durante la trasmissione di un messaggio -, ma che rispondono all’esigenza di individuare le dinamiche e, facendo un passo indietro, le linee guida che sottendono al fare rivoluzione (qui inteso nell’accezione più scientifica del termine, ossia di movimento, rotazione, cambiamento) per comprenderne gli elementi fondamentali da applicare a tutti gli ambiti della vita. Ho pensato al lavoro come ad un laboratorio aperto, dove insieme al gruppo di lavoro si definisce un ‘vocabolario della rivoluzione’, da utilizzare poi in un secondo momento all’interno di una performance ispirata al gioco del telefono senza fili. Nel caso specifico di Elica, a seguito della parte di dibattito sulle parole da tenere in considerazione, ogni partecipante è stato invitato a costruire uno strumento di comunicazione a partire da scarti dell’azienda. Gli strumenti sono poi stati utilizzati per passarsi le parole durante il gioco del telefono senza fili. In un secondo momento, realizzerò un’unica installazione in alluminio che sarà la sintesi di queste auto-costruzioni, mentre le tracce del nuovo vocabolario realizzato insieme rimarranno, impresse con degli stencil colorati, sulla grande parete della Piazzetta interna di Elica, dove il workshop ha avuto luogo».

Cosa può dare l’arte all’economia e viceversa?
«L’interazione tra ambiti diversi è a mio avviso importante e necessaria. Migliora il dialogo tra individui, crea coesione sociale, pone nuovi quesiti, apre nuovi dibattiti, allarga gli orizzonti, e questo non solo tra arte ed economia, ma in tutti gli ambiti disciplinari».

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