Cultura

Alla scoperta degli “Zio Pecos”, gli osimani che hanno conquistato Musicultura

Dalle feste popolari alle radio nazionali, la band osimana spopola su Facebook e YouTube ma fa sold out anche dal vivo con oltre 1000 concerti e tre album pubblicati. Dodici anni di carriera e ora la partecipazione al Festival della Canzone Popolare e d’Autore in programma a Macerata dal 15 febbraio

Gli Amici dello Zio Pecos

OSIMO – Dalle feste popolari alle radio nazionali e ora anche la prestigiosa vetrina di Musicultura: è un momento magico per “Gli Amici dello Zio Pecos“, la band osimana che spopola tra i giovani, piace anche ad un pubblico più maturo. La loro musica richiama le origini swing e country (chitarre e contrabbasso) ma con un pizzico di elettronica (vedi l’uso del synth), cui si abbinano testi densi di significato senza perdere il gusto per la leggerezza e l’ironia. E la formula piace, sia sui canali social con 18 mila follower su Facebook e più di centomila visualizzazioni su YouTube, che nei concerti dal vivo con oltre 1000 esibizioni live quasi sempre sold out. Nel mezzo anche tre album in studio, un concerto nel 2016 con Niccolò Fabi e importanti riconoscimenti come il Premio Enriquez nel 2010.

La storia di questo gruppo nasce innanzitutto da una grande amicizia, quella di quattro ragazzi del territorio osimano tra Casenuove e Passatempo (Francesco Zagaglia, Thomas Bellezze, Luca Pucci e Nicola Emiliani), e da una passione viscerale per la musica, anche se ciascuno con il proprio genere di riferimento. «La band si forma nel 2006, ma ci conosciamo e suoniamo insieme da molto prima – ci spiega Francesco, chitarrista e voce del gruppo -. Siamo molto uniti ma siamo 4 teste, per cui ognuno ha i suoi gusti musicali. C’è chi ama il rock, chi ha fatto studi musicali classici, chi suona jazz. E ognuno mette il suo linguaggio per un progetto comune».

Gli Amici dello Zio Pecos

Come nasce la scelta del vostro nome?
«Lo Zio Pecos è un coprotagonista della serie Tom&Jerry. Suona la chitarra, è ironico, ed è un personaggio di fantasia. Lo abbiamo scelto insieme vedendolo in TV, perché rispecchia il nostro modo di approcciarsi alla musica».

La vostra musica è un mix di tanti generi diversi…
«La nostra caratteristica è stata quella di non chiuderci in un solo genere musicale per non limitare la creatività. Siamo partiti dal country, folk, il genere più immediato, ma poi abbiamo sperimentato vari generi. Ora il sound acustico è rinfrescato dall’uso dell’elettronica. Cerchiamo di descrivere i nostri tempi cercando la leggerezza ma affrontando temi non scontati. Possiamo descrivere il genere come un pop d’autore».

Quanto c’è di Osimo nelle vostre canzoni?
«Nelle canzoni descriviamo le sensazioni della nostra generazione. Alcune volte sono introspettive. Alcune sono una fotografia della società. È chiaro che non può fare a meno di entrare dentro quello che viviamo nella nostra città».

Un vostro brano “Il berretto de paja” è diventato ormai un cult, con un video che spopola su YouTube. Qual è stato il segreto di quel successo?
«“Il berretto de paja” fa parte di un progetto locale, parallelo agli Zio Pecos, denominato Agrirock. Quando suoniamo dalle nostre parti qualcuno conosce che tra noi c’è chi partecipava a quel progetto e ci chiede di suonare quella canzone. Il suo successo credo che dipenda da vari fattori: l’uso del dialetto che specialmente nelle Marche è molto sentito, l’ironia, probabilmente una buona composizione e, aggiungo una provocazione, una facilità nell’affrontare i temi leggeri».

Dopo Musicultura quali sono i prossimi progetti?
«Crediamo molto nelle attività artistiche perché sono punto di incontro degli uomini. Per questo continuiamo a comporre, già siamo in studio per il prossimo album, e a organizzare progetti. Stiamo sperimentando uno spettacolo interattivo col pubblico che include interventi di poesia, di comici e di artisti di fama nazionale, cortometraggi e danzatrici aeree che fanno da scenografia alle nostre canzoni. È appena uscito il videoclip di una canzone. Il titolo è “Merda”, provocatorio, ma in realtà tratta il delicato tema della follia tanto che il video è stato girato coi ragazzi del gruppo Sollievo di Jesi, servizio socio sanitario per il disagio psichico».

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