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Ubi-Nbm, sindacati al lavoro

Tra le voci più spinose della trattativa, restano i 1.318 esuberi da gestire, secondo l’azienda, anche attraverso cessioni ed esternalizzazioni

Il centro direzionale Esagono Ubi-Bpa

Prosegue il confronto tra sindacati e Ubi Banca sulla riorganizzazione del gruppo bergamasco, che comprenderà anche la definitiva incorporazione delle tre ‘banche ponte’ tra cui Nuova Banca Marche entro il mese di ottobre.

A tavolo ancora aperto (con un calendario serrato di incontri) le sigle Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca-Uil e Unisin hanno diramato un comunicato unitario, nel quale si precisa l’esatto perimetro della trattativa. Due – ribadiscono i sindacati aziendali – sono i principali filoni di trattativa attualmente in corso: essi riguardano l’aggiornamento del piano industriale 2019/2020 di UBI Banca e la definizione del nuovo quadro normativo di secondo livello (Contratto Integrativo Aziendale) di Ubi Banca e di Ubi Sistemi e Servizi.

«La prima trattativa – si legge nella nota – vede coinvolte a pieno titolo, fin dall’inizio, anche le rappresentanze sindacali delle tre Bridge Banks (Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Carichieti), il cui ingresso nel Gruppo e la cui prossima incorporazione in UBI Banca è all’origine della necessità di aggiornamento del piano industriale 2019/2020. L’altra trattativa è invece finalizzata alla definizione di un nuovo contratto di secondo livello per i dipendenti di Ubi Banca e Ubi Sistemi e Servizi. Le norme verranno estese a tutte le altre Società del Gruppo con tempi e modalità da concordare entro la fine 2017; tale discorso vale per le tre Bridge Banks a seguito delle incorporazioni in UBI Banca (da effettuarsi in step nel periodo ottobre 2017- febbraio 2018). Ci stiamo muovendo in queste complesse e delicate fasi negoziali in un’ottica di inclusione, impegnandoci per tutelare tutti i dipendenti che rientrano nel perimetro di Ubi Banca e garantire un sistema di welfare aziendale coerente con i valori e la storia del nostro Gruppo».

Tra le voci più spinose della trattativa, restano comunque i 1.318 esuberi da gestire, secondo l’azienda, anche attraverso cessioni ed esternalizzazioni. Il numero emerge dalla differenza tra i prepensionamenti in corso e quelli in via di definizione (1.300 dipendenti Ubi “stand alone”, 532 dalle Bridge Banks, ai quali si potrebbero aggiungere 341 dipendenti per i quali è già stata dichiarata la disponibilità di risorse economiche nel 2017 da parte di Ubi per l’ingresso nel Fondo), le 878 future assunzioni e le uscite “fisiologiche”. I bacini ad oggi noti per i futuri esodi, con maturazione del requisito pensionistico al 31 dicembre 2024, sarebbero costituiti da 1.283 risorse in Ubi e 93 nelle Nuove Banche. Sempre negli scorsi giorni, il gruppo bancario ha comunicato il dato suddiviso per provincia delle filiali che chiuderanno nel perimetro delle Nuove Banche (129 + 78 riqualificazioni in minisportelli). In merito alle ricadute derivanti dalla chiusura delle Direzioni Generali delle banche che verranno incorporate in Ubi e dalla chiusura delle filiali, al momento, sarebbero emerse rassicurazioni ma non dettagli.

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