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«Sette pianeti simili alla Terra»

Davide Ballerini, presidente dell'Associazione Marchigiana Astrofili di Ancona, spiega perché la scoperta dei 7 pianeti è sensazionale

Rappresentazione artistica della stella Trappist-1 con il suo sistema planetario (fonte: NASA)

ANCONA – Un nuovo sistema planetario a 39 anni luce dalla Terra. È di mercoledì la scoperta che ha fatto sobbalzare dalle sedie gli scienziati della NASA. Si tratta di quattro nuovi pianeti o meglio esopianeti, perché fuori dal nostro sistema solare, aggiunti agli altri 3 scoperti già nel 2016 nella stella Trappist-1, collocata a 39 anni luce da noi. La parola a Davide Ballerini, presidente dell’AMA, Associazione Marchigiana Astrofili di Ancona.

Davide Ballerini, presidente dell’Associazione Marchigiana Astrofili di Ancona

Che rilevanza ha questa scoperta?
«La rilevanza è notevole. Non è la prima volta che vengono scoperti pianeti della taglia terrestre, ma in questo caso l’importanza sta nel fatto che ne sono stati trovati 7 in un unico sistema planetario, in una fascia che ha la distanza paragonabile a quella che c’è tra il Sole e Mercurio. Inoltre alcuni di essi orbitano nella cosiddetta “fascia di abitabilità” e potrebbe esserci la presenza di acqua. Questi 7 pianeti, di cui il più grande è una volta e mezzo la terra, sono tutti rocciosi e hanno tutti le caratteristiche del nostro pianeta».

Di quale sistema si tratta?
«È un sistema nella costellazione dell’Acquario, con la stella Trappist-1 distante 39 anni luce da noi. Questa stella è una nana bruna 10 volte più piccola del nostro Sole».

Cosa vuol dire trovare un sistema solare a 39 anni luce da noi?
«La stella più vicina alla terra è Proxima Centauri che sta a 4 anni luce da noi ed è la prima stella che troviamo uscendo dal nostro sistema. Quattro anni di luce sono già una distanza enorme. Vega, stella luminosissima nella costellazione della Lira, è a 26 anni luce da noi, grossomodo la stessa distanza di Trappist-1. Per intenderci, se io dovessi comunicare adesso con un ipotetico abitante di questi 7 pianeti appena scoperti, il mio messaggio arriverebbe lì tra 40 anni. Se l’abitante rispondesse, la sua risposta mi arriverebbe tra 80 anni».

(Foto: Nasa)

Rispetto al nostro Sole e al nostro Sistema, Trappist-1 e il suo sistema come si configurano?
«Il sistema di Trappist-1 è più ristretto rispetto a quello solare. Trappist-1 è una stella 10 volte più piccola rispetto al Sole. Per essere precisi ha una massa pari all’8% del nostro Sole. Ha una temperatura bassissima, intorno ai 1000 gradi, in confronto ai 6000 gradi del Sole. Quindi è più piccola, più fredda e il sistema si riduce a orbite con diametri molto più ristretti, in cui sono stati trovati questi 7 pianeti. Nel nostro sistema sarebbero praticamente fusi in quella precisa posizione, stretti tra il Sole e Mercurio».

 È reale la possibilità di trovare l’acqua in questi pianeti?
«Potrebbe esserci la possibilità che ci siano forme di vita perché nella cosiddetta “fascia di abitabilità”, ci sono 3 pianeti dei 7 scoperti che hanno la posizione ideale per poter ospitare l’acqua. Le condizioni di temperatura e pressione sono giuste per ipotizzare che l’acqua sia allo stato liquido. Nel diagramma stato dell’acqua, a zero gradi l’acqua ghiaccia e sopra i 100 gradi evapora. Ciò funziona ad una atmosfera di pressione come la nostra. Su Marte, invece, in cui la pressione atmosferica è 100 volte minore rispetto alla nostra, l’acqua non si troverà mai liquida: o è ghiaccio o è vapore. Più in generale, a queste distanze non si può stabilire con esattezza se ci sia la presenza dell’acqua e, quindi, della vita. Si può soltanto vedere a quale distanza si trovano i pianeti e poi capire se abbiano o meno quelle particolari condizioni chimiche e fisiche che permettano di avere l’acqua liquida. A breve, i telescopi di nuova generazione riusciranno a stabilire con esattezza la presenza l’acqua».

(Foto: Nasa)

C’è qualche progetto a proposito?
«C’è E-ELT (European Extremely Large Telescope), un telescopio di 40 metri che sta progettando l’ESO (European Southern Observatory), con cui si potranno vedere in maniera diretta i pianeti. Finora le scoperte sono state fatte in modo indiretto, ovvero gli scienziati hanno visto i movimenti dei pianeti e, attraverso diversi calcoli, sono riusciti a capire i vari parametri. Con l’ELT riusciremo ad andare a visionare direttamente il pianeta. Attaccando uno spettroscopio si potranno vedere le righe spettrali dell’atmosfera del pianeta e, quindi, anche le tracce dell’acqua».

Già la NASA aveva scoperto dei pianeti su Trappist-1 nel 2016.
«Esatto, si tratta di un lavoro congiunto della NASA con l’ESO, realizzato con strumenti a terra e attraverso sonde spaziali. L’ESO ha utilizzato i telescopi installati in Cile negli osservatori sul Paranal: il VLT (Very Large Telescope) e il Trappist che ha dato il nome alla stella, Trappist-1. La NASA invece ha fornito la sonda Spitzer che analizza su lunghezze d’onda diverse da quelle del visibile. La collaborazione è iniziata nel settembre 2015 e ha portato nel 2016 alla scoperta di 3 pianeti su Trappist-1 e mercoledì alla scoperta degli altri 4».

È il primo luogo nell’Universo in cui si pensa ci sia la possibilità di trovare acqua?
«No. Questa scoperta è sensazionale solo per il fatto che sono stati scoperti 7 pianeti della taglia terrestre tutti in una stretta fascia che equivale alla distanza tra il Sole e Mercurio. Già diversi anni fa la Sonda Kepler ad esempio nel 2011, aveva trovato un pianeta roccioso, delle dimensioni che superano oltre due volte il nostro, in direzione della costellazione del Dragone a circa 500 anni luce. In questo pianeta si ipotizza la presenza dell’acqua».

L’Osservatorio Paolo Senigalliesi di Pietralacroce e in primo piano l’antenna del radiotelescopio (Foto: F.Battistelli – AMA)

Come associazione di cosa vi occupate? Avete fatto qualche scoperta?
«Noi ci occupiamo principalmente di ricerca, divulgazione e didattica nelle scuole. Abbiamo il nostro osservatorio astronomico a Pietralacroce e un punto di osservazione a Civitella in cui facciamo fotografia astronomica e portiamo avanti diverse ricerche dei vari fenomeni celesti. Stiamo collaborando con l’Università di Camerino nella scoperta degli esopianeti con una nuova strumentazione, ovvero un fotometro che ci permetterà a breve di fare lo stesso lavoro svolto dalla NASA e dall’ESO. Ovviamente si tratta di una strumentazione base, alla scoperta di pianeti della nostra galassia non piccoli come la Terra, ma delle dimensioni di Giove Saturno. L’osservatorio Paolo Senigalliesi di Pietralacroce è aperto al pubblico da maggio il primo venerdì del mese e ogni sabato da luglio ad agosto».

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