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Fusione Carilo nella bufera

La Bcc Civitanova e Morrovalle e Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto ricorrono all'Antitrust cui chiedono di valutare se il processo di fusione per incorporazione in Ubi non si determini una operazione di rafforzamento di posizione dominante sul mercato

La sede della Carilo di Loreto
La sede della Carilo di Loreto

La Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro ha interpellato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) affinché valuti se, con il processo di fusione per incorporazione di Banca Adriatica (già nuova Banca delle Marche) e di Carilo all’interno di Ubi Banca, «non si determini operazione di rafforzamento di posizione dominante sul mercato», ai fini del rispetto della legge 287/90. La lettera è stata inviata l’11 ottobre anche alla Banca d’Italia e all’Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni, e segue di pochi giorni il rifiuto di Ubi alla proposta di acquisto della rete di filiali della Cassa di Risparmio di Loreto. In essa, Bcc ribadisce l’interesse all’acquisizione in questione, «per le ragioni di tutela del territorio e per interesse strategico ad ampliare e sviluppare l’attività della nostra banca e del costituendo Gruppo Bancario Cooperativo».

Per l’istituto di Civitanova, il via libera dell’AGCM alla vendita delle tre good bank (con provvedimento numero 26552 bollettino n. 16 del 2 maggio 2017), non avrebbe preso in considerazione «la circostanza del preesistente e più volte manifestato interesse della scrivente e di altri operatori economici all’acquisto di Carilo». Segnala inoltre la mancata valutazione della concentrazione di sportelli che deriverebbe dalla fusione: «ad avviso dello scrivente – si legge nella lettera – il complesso delle operazioni di fusione di cui si discute, oltre a realizzare una forte concentrazione sia della raccolta che degli impieghi nelle zone di competenza della Carilo (in particolare nelle provincie di Ancona e Macerata), darebbe luogo ad una forte sovrapposizione degli sportelli con conseguenti ripercussioni negative sul lato del personale, nonché una concentrazione delle linee di credito tale da richiedere una drastica riduzione degli affidamenti in capo a quelle imprese che operano attualmente in Carilo e, contestualmente, con l’Ex Banca Marche e con l’ex Popolare di Ancona». Una situazione che, prosegue la BCC, «sarà ulteriormente aggravata per effetto delle nuove linee guida poste in consultazione dalla Banca Centrale Europea e sostenute dal Fondo monetario internazionale con le quali si prevedono norme più stringenti sul trattamento dei Non performing loans».
E ricorre all’Antitrust anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto, azionista di minoranza dell’istituto lauretano. Ne dà notizia, oggi, la presidente Fulvia Marchiani, in un lungo comunicato stampa nel quale ribadisce la sua opposizione alla fusione per incorporazione ed il suo impegno a favore della vendita alla Bcc di Civitanova e Montecosaro.
«Martedì 10 ottobre – scrive – abbiamo provveduto ad inviare una comunicazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ed alla Banca d’Italia, sede di Roma e sede di Ancona, nella quale si segnala la mancata valutazione della concentrazione di sportelli determinata dal processo di fusione per incorporazione di Nuova Banca Marche e di Carilo S.p.A. all’interno di Ubi Banca. Riteniamo infatti, sulla base di quanto riportato nel provvedimento numero 26552 bollettino n. 16 del 2 maggio 2017, emesso da AGCM, che non sia stato valutato il fatto che Carilo S.p.A. è a tutti gli effetti un soggetto giuridico autonomo rispetto agli altri attori della fusione ed è partecipata anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto. Così come abbiamo segnalato che non ci risulta corrispondere al vero, sempre in relazione al contenuto del citato provvedimento dell’AGCM, il fatto che non sarebbero state presentate offerte di terzi per l’acquisto di Carilo S.p.A».

Nella lettera, la Fondazione bancaria annuncia di aver notificato a Ubi Banca e a Banca Adriatica l’opposizione alla fusione per incorporazione di Banca Adriatica nella capogruppo, operazione che dovrebbe perfezionarsi il prossimo 23 ottobre. L’opposizione si basa sull’articolo 2503 del codice civile (opposizione dei creditori) ed è stata avviata «paventando il rischio che il nuovo soggetto giuridico riveniente dalla fusione non sia in grado di soddisfare le ragioni creditorie della fondazione». L’ente chiede a Ubi di valutare, in alternativa alla fusione, la cessione del ramo d’azienda rappresentato da Carilo alla Bcc di Civitanova che ha presentato l’offerta di acquisto. La presidente Fulvia Marchiani, afferma che la soluzione alternativa porterebbe maggiori benefici al territorio. Altra iniziativa dell’ente è la denuncia a Banca d’Italia di un trasferimento di asset di Carilo a favore di Ubi prima ancora che la fusione sia efficace.

La presidente della Fondazione Carilo aggiunge che le risultano avviate, da parte di Ubi, «attività quali: cambio di insegne, migrazione di clientela, trasferimento di cassette di sicurezza, passaggio di dati rilevanti sulla clientela. Abbiamo segnalato tali comportamenti all’autorità di vigilanza perché ai sensi del codice civile, prima che si realizzi l’efficacia giuridica della fusione, non possono essere effettuate azioni che comportino il trasferimento di elementi del patrimonio a favore di Ubi Banca che possono compromettere il valore di Carilo, riservandoci ogni azione legale in merito alle false comunicazioni sociali».

«La Fondazione – aggiunge nella nota – sta portando avanti queste azioni, con grande determinazione e dispendio di energie, perché siamo fermamente convinti che le ripercussioni sul tessuto socio-economico, derivanti dall’intero progetto di fusione, già nel breve periodo, non siano ancora state ben comprese. Gli esuberi delle unità lavorative, le sovrapposizioni degli affidamenti, a seguito delle fusioni delle tre banche in risoluzione, le nuove norme imposte dalla Bce sugli accantonamenti dei crediti deteriorati, produrranno importanti effetti. Se possiamo evitare parte di questi problemi al territorio, oltretutto in presenza di un soggetto dello stesso territorio che vuole intervenire, ritengo che sia obbligatorio per tutti noi riflettere sull’intera vicenda, soprattutto per le modalità con cui si è sviluppata».

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