Ancona-Osimo

Pietro Corsi: «La carta geologica è lo strumento necessario per fare prevenzione»

Lo storico della scienza dell’Università di Oxford, Pietro Corsi, ha tenuto ieri pomeriggio una lezione al Ridotto del Teatro delle Muse. Da più di 40 anni è un forte assertore che «la non conoscenza del territorio è il prezzo che noi paghiamo dopo ogni disastro»

Il Ridotto delle Muse
Il Ridotto delle Muse

ANCONA – “Colpa della natura? Terremoti, dissesti e altre grane” è il titolo della lezione tenuta ieri pomeriggio (12 ottobre) al Ridotto del Teatro delle Muse, da Pietro Corsi, storico della scienza dell’Università di Oxford (UK). Questo appuntamento rientra nell’ambito delle “Lezioni Franco Angeleri” e l’iniziativa è stata curata dal prof. Fiorenzo Conti della Facoltà di Medicina. Le public lectures rappresentano nella tradizione scientifica anglosassone un mezzo importante e prestigioso per la comunicazione della conoscenza e per onorare le grandi personalità. È su queste basi che nascono le “Lezioni Franco Angeleri”, conferenze su temi all’intersezione delle culture dedicate alla memoria di Franco Angeleri (1928-2008), il nome dell’illustre docente di Neurologia dell’Univpm.

Da sin. Pietro Corsi, storico della scienza dell’Università di Oxford e il rettore dell'Univpm Sauro Longhi
Da sin. Pietro Corsi, storico della scienza dell’Università di Oxford e il rettore dell’Univpm Sauro Longhi

Da più di 40 anni, Pietro Corsi studia geologia ed è un forte assertore che «la non conoscenza del territorio è il prezzo che noi paghiamo dopo ogni disastro». Nel 1983 Pietro Corsi si è soffermato sull’aspetto delle scienze naturali prima e dopo l’Unità d’Italia e in seguito, prendendo spunto dagli studi su Charles Lyell, ha iniziato un programma di ricerche sulla geologia italiana tra il 1861 e il 2006 per spiegare i motivi per cui l’Italia è il solo paese industrializzato a non avere una carta geologica esaustiva del proprio territorio nazionale. «L’Italia è un Paese di tragedie naturali – ha detto Pietro Corsi – ci sono stati disastri naturali e umani che ci fanno capire che l’agitazione dura alcuni mesi, poi c’è la calma, fino al disastro successivo che è annunciato».

Corsi sostiene che «la storia della scienza, e della geologia in particolare, al pari degli studi sulla formazione dello Stato Italiano, hanno prestato scarsa o pressoché nessuna attenzione alle complesse vicende della Carta geologica d’Italia. Al punto che prevale ancora grande incertezza – a leggere le fonti ottocentesche, le uniche – sulle origini e la paternità del progetto. Bisogna scrivere la carta geologica, ma per farlo ci vuole molto tempo e lo Stato a volte non si è potuto permettere di farlo, fino ad ora. La carta geologica è quindi lo strumento necessario per fare prevenzione, ma finora ci sono 652 progetti per la carta geologica non finanziati; 252 finanziati e circa 150 finiti. C’è grande ignoranza a livello popolare, bisogna molto lavorare sulla cultura territoriale, ci sono molte persone che abitano nei siti a rischio geologico che non sanno magari che lì c’è un fiume o che c’è stato un terremoto».

Pietro Corsi, storico della scienza dell’Università di Oxford
Pietro Corsi, storico della scienza dell’Università di Oxford

Dopo aver percorso la storia dei personaggi e della geologia, Corsi è arrivato ai fatti più recenti: il Vajont e il disastro della Val di Stava, disastri naturali e umani. «Dopo questi due eventi storici – ha detto – si sono resi conto della necessità di cambiare rotta e di avere una carta geologica. Nelle Marche le carte geologiche sono state realizzate in scala 1:10.000 dopo gli eventi sismici del 1997, quando è emersa la problematica di una cartografia nel momento della ricostruzione. La scala 1:100.000 è inutile. In Calabria ad esempio non c’è assolutamente niente ed è uno dei territori più pericolosi».

«Cerchiamo di pensare al paese – ha concluso Corsi – e non ai piccoli interessi di bottega. Altrimenti la conseguenza è quella lista tremenda di morti, migliaia dei quali erano salvabili. Ovviamente questo al cittadino medio non interessa finché non gli capita a lui, allora le cose cambiano. Io penso che non bisogna arrivare al punto che ci cada la casa in testa, prima di capire queste cose».

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