Ancona-Osimo

Incidenti, in estate almeno il 18% dei pedoni e il 7% dei ciclisti è a rischio sulle strade marchigiane

«Credo che la grande differenza tra i paesi nord europei e l’Italia sia legata al valore che si dà alla sicurezza, sia a quella sul lavoro sia a quella stradale», dice Davide Scotti, ideatore del movimento Italia Loves Sicurezza

Da inizio anno ad oggi si sono verificati in Italia circa 21.971 incidenti stradali, che hanno portato al ferimento di 12.711 persone e alla morte di 281 persone. Sono questi i dati rilevati dalla Polizia Stradale. Eccesso di velocità, mancato uso delle cinture di sicurezza e del casco, tra le cause più frequenti.

Complice la bella stagione e la maggiore mobilità legata al periodo vacanziero, in primavera ed estate si assiste ad un incremento degli incidenti stradali che vedono pedoni, ciclisti e centauri tra le categorie più a rischio.

Nelle Marche, nel periodo tra maggio e settembre 2016 (fonte Istat) si sono contati 2.558 incidenti (il 49,3% di quelli avvenuti durante l’anno) in cui hanno subìto lesioni 3.576 persone (48,2%) e sono decedute 48 delle 100 vittime dell’anno.

Il 78,5% degli incidenti si verifica nell’orario compreso tra le 8 e le 20, ma l’indice di mortalità raggiunge i valori più elevati nella fascia oraria tra le 4 e le 5 (6,5 morti ogni 100 incidenti) e tra le 2 e le 3 della notte (9,5), con valori molto superiori alla media (1,9). Per quanto riguarda gli utenti più vulnerabili della strada, il 18% degli incidenti ha coinvolto pedoni e il 7% velocipedi (biciclette).

Nei primi cinque mesi del 2018, nella sola provincia di Ancona, si sono già registrati almeno 5 incidenti a pedoni e 2 a ciclisti. Dati che fanno riflettere sull’importanza dell’utilizzo dei dispositivi di protezione e dei corretti comportamenti da tenere in strada.

Un fenomeno legato indissolubilmente alla diffusione di una cultura della sicurezza stradale, come mezzo di prevenzione. È su questo tema che pone l’accento Davide Scotti, formatore numero uno a livello nazionale nell’ambito della sicurezza, nonché ideatore del movimento Italia Loves Sicurezza (movimento di persone che vogliono contribuire alla diffusione di una nuova cultura nell’ambito della salute e della sicurezza), e coautore de “Il libro che ti salva la vita”, edito da Sperling & Kupfer da cui è stato tratto lo spettacolo teatrale “Il Virus che ti salva la vita” della compagnia Rossolevante.

Davide Scotti, formatore in ambito di sicurezza e HSE Culture Manager di Saipem, Segretario Generale della Fondazione LHS, ideatore del movimento Italia Loves Sicurezza e ricopre il ruolo di Technical Director HSE della SPE Italia e di vice Presidente del Club Prevenzione nelle Grandi Organizzazioni (CPGO) di AIAS.

«Ogni giorno in Italia nove persone perdono la vita coinvolte in incidenti stradali, molti dei quali coinvolgono ciclisti e motociclisti – spiega Davide Scotti – un tema che mi sta particolarmente a cuore perché 12 anni fa in Thailandia sono stato coinvolto in un grave incidente, dal quale mi sono salvato solo grazie al casco che indossavo. Nonostante non mi diedero il casco, nel momento in cui affittai lo scooter perché in quei paesi non è abitudine utilizzarlo, mi preoccupai subito di procurarmene uno. La sicurezza era già un grande valore per me, e questo mi ha indubbiamente salvato la vita. Un atteggiamento, il mio, derivato, oltre che dalla mia professione, dall’aver vissuto per otto anni in Gran Bretagna, una nazione dove la cultura della sicurezza stradale è una realtà ormai consolidata e molto diversa dalla nostra. Questo mi ha portato probabilmente ad adottare consapevolmente un comportamento corretto».

Una diversità culturale, quella tra Italia e le altre nazioni europee, che vede i paesi nord europei tra i più virtuosi. Secondo i dati del rapporto Istat “Noi Italia” riferiti al 2016, l’Italia ha registrato un numero di vittime di incidenti stradali rapportato ai residenti, superiore rispetto alla media europea. Obiettivo dell’Unione Europea, quello di ridurre le vittime della strada del 50% entro il 2020. Aumentare i livelli di sicurezza diviene di fondamentale importanza.

«Credo che la grande differenza tra i paesi nord europei e l’Italia sia legata al valore che si dà alla sicurezza, sia riguardo alla sicurezza sul lavoro, che come in questo caso a quella stradale – sottolinea Davide Scotti – la nostra cultura, il nostro modo di agire è nettamente diverso rispetto alle altre nazioni europee. Siamo un paese molto più individualista e c’è meno rispetto delle regole e questo lo si vede sulle strade, quando ad esempio dobbiamo dare la precedenza, quando dobbiamo rispettare i limiti di velocità, quando dobbiamo tenere una certa distanza dal veicolo che ci precede. Oppure, tema a me a caro, quando dobbiamo allacciare le cinture di sicurezza sui sedili posteriori. In altri paesi è invece normale vedere un ciclista indossare casco e gilet, così come vedere i motociclisti con le tute di pelle. Questo è molto raro nel nostro paese. Quante volte addirittura sulle strade di città vediamo biciclette senza luci? Ricorderò sempre il 1997, era da un mese che mi ero trasferito in Scozia, ero studente e avevo comperato una bicicletta. Una delle prime sere che rientravo a casa con la bici, fui ripreso da un barbone che mi gridò contro per farmi accendere la luce. Parliamo di un paese dove l’attenzione alla sicurezza riguarda tutti i livelli sociali. È importante anche nelle città italiane avere il buon senso di tenere sempre le luci accese, e di indossare il casco protettivo e il gilet specie se si percorrono strade extraurbane».

Davide Scotti e a destra Alessandro Nanni, Ambassador nelle Marche di Italia Loves Sicurezza, con i ragazzi dell’Itis di Torrette durante una campagna sulla sicurezza nelle scuole

Un problema di cultura che si può risolvere solo attraverso una corretta comunicazione, come precisa il formatore: «Se vogliamo creare questo tipo di cultura – conclude – dobbiamo cambiare il modo di comunicare. Occorre parlarne di più a livello mediatico, realizzare campagne di comunicazione mirate su questo tema. Ricordo una pubblicità trasmessa in Gran Bretagna, che mostrava le conseguenze di una caduta sull’asfalto, occorsa ad un motociclista che non indossava la tuta di pelle. Un’immagine molto impattante emotivamente, che fa cadere l’attenzione su qualcosa che diversamente non si potrebbe percepire, ovvero ciò che potrebbe accadere non utilizzando i dispositivi di sicurezza. E come quella ce ne erano tante altre. Bisogna arrivare al cuore e allo stomaco delle persone, per arginare questi comportamenti. Se vogliamo cambiare, dobbiamo trovare una chiave di coinvolgimento. Proprio nei giorni scorsi un mio amico è rimasto vittima di un grave incidente in sella alla sua bicicletta. Stava andando al lavoro, è stato colpito da un’auto, ma purtroppo non indossava il casco, semplicemente perché qui in Italia non è abitudine utilizzarlo. Bisogna portare i ragazzi a scegliere di agire in sicurezza, e lo si può fare solo con le campagne comunicative giuste. Non credo che sia un problema normativo, penso che l’Italia dovrebbe andare nella direzione di avere sempre più piste ciclabili. È necessario lavorare sull’aspetto culturale e su quello comportamentale, agendo su due fronti: i ciclisti devono proteggersi e gli automobilisti devono guidare in modo più corretto e rispettoso non solo delle norme, ma soprattutto delle persone».

Il Segretario Provinciale di Polizia Locale dottor Luca Natalucci

Spesso gli incidenti a ciclisti e pedoni si verificano in seguito alla non osservanza delle norme del Codice della Strada, da parte di queste stesse categorie. In questo senso è «chiarificatore l’articolo 190 del Decreto Legislativo 285/92, che regola il comportamento dei pedoni su strada – spiega Luca Natalucci, Segretario provinciale di Polizia Locale – infatti anche i pedoni, come i ciclisti e gli altri utenti della strada sono tenuti all’osservanza delle norme. I pedoni devono circolare sui marciapiedi, sulle banchine, e negli spazi a loro predisposti. Nel caso in cui questi non siano presenti, siano ingombri, interrotti o insufficienti, i pedoni sono tenuti ad utilizzare il margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli, in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione. Nell’orario notturno, quando si registra una maggiore incidenza di investimenti, i pedoni devono camminare su una unica fila e non affiancati, specie nelle strade prive di illuminazione pubblica».

Altro nodo l’attraversamento della strada, che deve essere effettuato utilizzando gli attraversamenti pedonali, o dando la precedenza conducenti di veicoli, anche trainati da animali, quando le strisce di attraversamento pedonale non sono presenti, sottolinea Natalucci. «La normativa proibisce ai pedoni di intralciare la circolazione, sostando in gruppo su carreggiata, marciapiedi, banchine e attraversamenti pedonali, infrazione punita e contestata a tutti i componenti del gruppo. In questo caso la valutazione dell’intralcio è lasciata al saggio apprezzamento dell’agente accertatore, in relazione all’intensità del traffico pedonale e alla larghezza di strada e marciapiede».

Un altro scenario molto comune in estate è quello degli allenamenti sportivi lungo le strade. «È vietato allenarsi lungo le strade, così come tenere manifestazioni sportive non autorizzate – sottolinea il segretario provinciale di Polizia Locale – così come è vietato, negli spazi riservati ai pedoni, usare tavole e pattini. Proibito dalla legge sostare in gruppo sui marciapiedi, sulle banchine o presso gli attraversamenti pedonali, causando intralcio al transito normale degli altri pedoni».

Per quanto riguarda le biciclette, «sarebbe molto utile targarle – conclude Natalucci – una misura che consentirebbe di ottimizzare la sicurezza, e una maggiore possibilità di rintracciare il velocipede in caso provochi l’investimento di uno o più pedoni».

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