Ancona-Osimo

Sul pc di Simone cercato il Chienti, la testimonianza della sorella: «Mamma mi raccontò che cercò di avvelenarla con il topicida»

Sono alcuni dei contenuti che emergono nell'ordinanza del gip, 56 pagine fitte, che hanno fatto scattare la misura cautelare in carcere per Simone e Giuseppe Santoleri. Tra i gravi indizi anche l'inquinamento delle prove. Il telefonino di Renata è rimasto acceso nell'abitazione di Giulianova fino alle 15,39 del 9 ottobre. Padre e figlio si parlavano con dei “pizzini” scritti per non essere intercettati

Il procuratore capo facente funzioni Irene Bilotta
Il procuratore capo facente funzioni Irene Bilotta
Il pm Laurino e il maggiore Di Pirro lasciano la casa si Renata Rapposelli
Il pm Laurino e il tenente colonnello Di Pirro durante un sopralluogo nella casa si Renata Rapposelli

ANCONA – Il tergicristallo posteriore della Fiat Seicento rotto, ricerche specifiche al pc di Simone su un caso delittuoso simile a quello della scomparsa della madre (il caso di Roberta Ragusa, la donna scomparsa in provincia di Pisa a gennaio 2012 e per il quale è stato condannato il marito Antonio Logli per omicidio volontario e distruzione di cadavere), e ancora i frammenti con la parola “Chienti” che spuntano dalla navigazione internet fatta sempre con il computer di Simone, prima che il corpo della madre fosse trovato a Tolentino, il 10 novembre scorso. Sono alcuni degli elementi chiave contenuti nell’ordinanza di misura cautelare firmata dal gip e determinanti per far scattare, questa mattina, l’arresto di Simone e Giuseppe Santoleri (leggi l’articolo e guarda il video).

Renata Rapposelli
Renata Rapposelli

Elementi raccolti in cinque mesi di indagine che hanno visto all’opera i carabinieri del Reparto Operativo di Ancona guidati dal tenente colonnello Americo Di Pirro, quelli del Reparto Operativo di Teramo guidati dal tenente colonnello Luigi Dellegrazie e quelli del Nucleo Investigativo di Ancona guidati dal maggiore Giuseppe Di Matteo.
Nell’ordinanza, di 56 pagine, sono raccolti orari, testimonianze (anche prese fuori regione), intercettazioni ambientali e contraddizioni dei racconti di padre e figlio in merito alla visita di Renata Rapposelli a Giulianova, quella del 9 ottobre scorso, ultimo giorno in cui la donna è stata vista viva. Padre e figlio si parlavano con dei “pizzini”, scritti, per non essere intercettati dopo che erano stati formalmente indagati. Giuseppe avrebbe finto anche un malore per sottrarsi all’interrogatorio da indagato ed essere ricoverato in una casa di cura ad Ascoli.

Il figlio di Renata Rapposselli, Simone Santoleri
Il figlio di Renata Rapposelli, Simone Santoleri

L’AUTO. Oltre alla telecamere della polizia municipale che ha ripreso la targa della Fiat Seicento, il 12 ottobre, alle 11,15, sulla statale Adriatica (in via Mazzini), c’è anche una telecamera di un’area di servizio, lungo la superstrada che collega Civitanova con Tolentino, che ha ripreso una Fiat Seicento. Per la Procura, anche se non si vede la targa dai filmati estrapolati, è l’auto di Simone e Giuseppe. A provarlo è un fermo immagine, ritenuto attendibile dalla Procura, che riguarda il tergilunotto posteriore (la spazzola del vetro). È girato a sinistra anziché a destra, come nelle normali auto di quella casa automobilistica. Proprio come quello della vettura dei Santoleri che, dai controlli dei carabinieri, era rotto e quindi girato a sinistra anziché a destra.

IL PC DI SIMONE. Affidato dalla Procura alla perizia dell’informatico Luca Russo, ha fornito diversi elementi indiziari. Come i contenuti delle parole “Chienti”, “Valdichienti” e “Serravalle di Chienti”, ricorrenti nelle ricerche fatte su internet. Sempre da quel computer è stato cercato, il 29 ottobre, quattro giorni prima che padre e figlio venissero formalmente indagati a piede libero per l’omicidio di Renata, il caso di Roberta Ragusa, la donna scomparsa dalla provincia di Pisa e per la quale è stato condannato il marito. Un caso analogo a quello della pittrice. Nel dettaglio le ricerche sono state “processo Logli Ragusa” e “il caso Roberta Ragusa”. Sempre dal pc sono state fatte queste ricerche: “quanto restano in memoria le telefonate” e “come cancellare le telefonate”.

Giuseppe Santoleri con il giornalista Max Franceschelli a “La vita in diretta”

ORARI. Renata è arrivata a Giulianova alle 13, con il treno. Lo dimostrano le due telefonate fatte al marito, una prima di partire alle 11.15 e la seconda quando stava per arrivare in stazione, alle 12.55. Alle 15.39 il telefonino della pittrice (mai ritrovato) ha smesso di connettersi e agganciava la cella di Giulianova, in via Galilei, dove è la casa di Simone e Giuseppe. Questo dimostrerebbe, per la Procura, che la donna era ancora a casa con l’ex marito e il figlio.

TESTIMONIANZE E INTERCETTAZIONI. Una vicina di casa ha visto l’auto parcheggiata diversamente, all’1.30 del 10 ottobre, come se i Santoleri dovessero caricare qualcosa nel portabagagli. La sorella di Simone ha raccontato di episodi che vedono il fratello arrabbiarsi facilmente e perdere le staffe riferendo anche una confidenza che la madre le avrebbe fatto e riferita al tentativo di Simone di avvelenarla con un topicida messo nella minestra quando, in passato, andò a Giulianova in occasione della nascita della figlia. Ad un’amica di fuori regione Simone, mano a mano che uscivano indiscrezioni sulle indagini che lo incolpavano dell’omicidio della madre, raccontava la sua versione dei fatti cercando, secondo la procura, di farla testimoniare a suo favore. Come per la questione delle telecamere che avevano ripreso l’auto il 12 ottobre sulla statale Adriatica e sulla superstrada diretta a Tolentino. Secondo Simone il carico a bordo erano i vestiti del padre che dovevano portare alla sorella ad Osimo.

Il maresciallo Giuseppe Losito della Compagnia dei carabinieri di Tolentino sul luogo del ritrovamento del cadavere
Il maresciallo Giuseppe Losito della Compagnia dei carabinieri di Tolentino sul luogo del ritrovamento del cadavere

LEGAMI CON TOLENTINO. Nell’ordinanza emerge anche che Simone era già stato a Tolentino, contrariamente a quanto da lui dichiarato anche alla stampa e in televisione, in due occasioni perché aveva un’amica che abita lì. In una di queste occasioni sarebbe passato anche nella zona dove poi è stata trovata morta la madre.
In una perquisizione fatta a casa dai carabinieri, i militari hanno trovato nel suo borsello un bigliettino scritto a mano relativo al convento del Santissimo Crocifisso di Treia che, secondo la Procura, si raggiunge dall’uscita di Tolentino est ed è a 16 chilometri di distanza da Tolentino.

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