Ancona-Osimo

Sul palco delle Muse il fascino e il mistero de “Il nome della rosa”

Il pubblico ha apprezzato, con un lungo applauso finale, la viva e coinvolgente interpretazione dell’intera compagnia e la scenografia costruita magistralmente. Il capolavoro di Umberto Eco andrà in scena anche stasera e domani al teatro di Ancona

Una scena dello spettacolo "Il nome della rosa" (Foto: Alfredo Tabocchini)

ANCONA – “Il nome della rosa”, fortunatissimo thriller teologico di Umberto Eco da cui Jean-Jacques Annaud trasse un film nel 1986 con protagonista Sean Connery, finalmente risuona sulle assi di un palcoscenico. La prima versione teatrale del capolavoro è un omaggio al celebre scrittore firmato da Stefano Massini, tra gli autori teatrali più apprezzati in Italia e all’estero. Il regista Leo Muscato dirige un cast di grandi interpreti, in un crossover generazionale che non manca di animare un testo scritto per la scena ma all’altezza del grande romanzo.

Da sin. Giovanni Anzaldo, Luca Lazzareschi, Luigi Diberti (Foto: Alfredo Tabocchini)

La scena si apre sul finire del XIV secolo. Un vecchio frate benedettino, Adso da Melk interpretato da Luigi Diberti, è intento a scrivere delle memorie in cui narra alcuni terribili avvenimenti di cui è stato testimone in gioventù. Un cast di tredici attori danno vita a quaranta personaggi, con continui cambi di costume, in una scenografia costruita magistralmente. L’impianto scenico è formato da una struttura dotata di scale e molteplici uscite, e l’abbazia e i diversi luoghi sono ricostruiti grazie all’uso delle videoproiezioni: scritte evocano la biblioteca, vetrate dipinte e rosoni una cappella; teschi riproducono l’ossario. Il regista ha immaginato uno spettacolo in cui la dimensione del ricordo del vecchio Adso potesse diventare la struttura portante dell’intero impianto scenico. Questo è concepito come una scatola magica in continua trasformazione che evoca i diversi luoghi dell’azione: una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa.

Da sin. Giovanni Anzaldo, Luca Lazzareschi (Foto: Alfredo Tabocchini)

Il pubblico del teatro delle Muse ha dimostrato di apprezzare lo spettacolo con un lungo applauso finale, grazie all’impegno produttivo (Teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Genova, Teatro Stabile del Veneto); l’imponenza delle scenografie (Margherita Palli) e la ricchezza del cast. Luca Lazzareschi è il saggio Guglielmo da Baskerville; Bob Marchese è il cieco Jorge da Burgos, padrone della biblioteca; Luigi Diberti è il vecchio Adso; Marco Zannoni l’abate che vuole far luce sui delitti; Giovanni Anzaldo, il giovane Adso, che si innamora della ragazza. L’eccellente compagnia è formata anche da Eugenio Allegri, Giulio Baraldi, Marco Gobetti, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera. I costumi sono di Silvia Aymonino, luci di Alessandro Verazzi, musiche di Daniele D’Angelo, video di Fabio Massimo Iaquone, Luca Attilii.

Bob Marchese (Foto: Andrea Guermani)

“Il nome della rosa” di Umberto Eco, tradotto in 47 lingue, ha vinto il Premio Strega nel 1981 e il regista Muscato ha trovato nel romanzo di Eco una sfida appassionante. Nei suoi Appunti per una messa in scena, scrive: «Dietro ad un racconto avvincente e trascinante, il romanzo di Umberto Eco nasconde una storia dagli infiniti livelli di lettura; un incrocio di segni dove ognuno ne nasconde un altro. La struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale. Vi è un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni singola giornata in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento (Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta). Ogni capitolo è introdotto da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione non è focalizzata da cosa accadrà, ma dal come. Questa modalità, a noi teatranti ricorda i cartelli di brechtiana memoria e lo straniamento che ha caratterizzato la sua drammaturgia.

(Foto: Alfredo Tabocchini)

La scena si apre con il vecchio frate Adso da Melk, intento a scrivere di alcuni terribili avvenimenti di cui è stato testimone in gioventù. Nello spettacolo, questo io narrante diventa una figura quasi kantoriana, sempre presente in scena, in stretta relazione con i fatti che lui stesso racconta, accaduti molti anni prima in un’abbazia dell’Italia settentrionale. Sotto i suoi (e i nostri) occhi si materializza un se stesso giovane, poco più che adolescente, intento a seguire gli insegnamenti di un dotto frate francescano, che nel passato era stato anche inquisitore: Guglielmo da Baskerville. Siamo nel momento culminante della lotta tra Chiesa e Impero, che travaglia l’Europa da diversi secoli e Guglielmo da Baskerville è stato chiamato per compiere una missione, il cui fine ultimo sembra ignoto anche a lui. Su uno sfondo storico-politico-teologico, si dipana un racconto dal ritmo serrato in cui l’azione principale sembra essere la risoluzione di un giallo […]».

Lo spettacolo andrà in scena anche stasera (ore 20.45) e domani (ore 16.30) al teatro delle Muse. Per “L’aperitivo con gli artisti”, la Compagnia incontrerà il pubblico oggi (20 gennaio) alle 18.30 al musecaffé. Info e biglietti presso biglietteria Teatro delle Muse 071 52525 biglietteria@teatrodellemuse.org – Per promozioni e gruppi 071 20784222 info@marcheteatro.it Biglietti on line www.getiicket.it

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